In fabbrica la seconda ondata non sfonda: regole e protocolli tengono fuori il virus dal cuore dell'economia

In fabbrica
PORDENONE - Nelle ultime settimane un incremento di casi di positività al Covid si sta registrando anche nelle fabbriche. Ma - a differenza di altri ambiti, come la scuola...

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PORDENONE - Nelle ultime settimane un incremento di casi di positività al Covid si sta registrando anche nelle fabbriche. Ma - a differenza di altri ambiti, come la scuola - in aziende e capannoni industriali, almeno fino a oggi, non sono scoppiati importanti focolai, né si è assistito a una rischiosa diffusione del virus. Stanno certamente aumentando i casi di assenza di lavoratori per quarantena o isolamento, spesso però a causa di contagi familiari.


CASI CIRCOSCRITTI
Così come - da quanto affermano sindacati e associazioni delle imprese - buona parte dei casi di contagio riscontrati nei reparti produttivi sarebbero di origine esterna. Ciò che sta emergendo è che a fronte delle infezioni nelle fabbriche scatta un sistema volto a circoscrivere il contagio e a bloccarlo. Merito anche dei rigorosi protocolli che si sono siglati tra imprese e sindacati già durante il lockdown di primavera. E probabilmente merito anche di quella rete che nei mesi scorsi è stata messa in piedi - in particolare per volontà di Confindustria Alto Adriadico, l’associazione imprenditoriale guidata da Michelangelo Agrusti - a livello territoriale con l’istituzione dell’organismo paritetico che ha disposto delle linee guida sulla sicurezza. Oltre che a istituire le figure dei “controllori” (sindacalisti esperti in sicurezza, espressione degli organismi paritetici) che da aprile hanno svolto azioni di verifica e di formazione anche nelle piccole imprese. Il risultato è che, a oggi, la situazione è abbastanza sotto controllo. E dire che stavolta, a differenza della prima ondata, non ci sono stati i “famosi” codici Ateco che decidevano chi poteva lavorare e chi doveva fermarsi. Nella seconda ondata nessuna azienda ha chiuso. E anche nelle ultime settimane, quando la situazione si è aggravata con picchi di contagi e tracciamento saltato, nelle fabbriche si è cercato di arginare il contagio attraverso l’immediato tamponamento di chi mostrava qualche sintomo o era solo un caso sospetto. Le aziende hanno fatto per tempo convenzioni con centri sanitari privati per accelerare i tempi dei test e quindi gli eventuali isolamenti. «Nell’ultimo periodo i casi di contagi o di assenze per quarantene stanno un po’ aumentando. Fortunatamente - afferma Simonetta Chiarotto, segretaria provinciale della Fiom-Cgil e fino a poche settimane fa leader del sindacato del legno-arredo - non abbiamo avuto notizie di focolai o di casi di contagio che abbiano fatto chiudere reparti di fabbriche o aziende intere. Nelle fabbriche c’è un rigoroso rispetto delle norme che dipendono dai protocolli siglati nei mesi scorsi. Dalla primavera è stato fatto un grande lavoro di informazione e di controllo. Nei casi di lavoratori positivi che ci siamo trovati di fronte le aziende hanno sempre pagato i tamponi fatti tempestivamente ricorrendo a soggetti privati. In collaborazione con le Rsu si sono fatti gli isolamenti dei contatti più ravvicinati dove necessario».
REGOLE RISPETTATE

Il rigido rispetto delle regole dentro le aziende e il massiccio ricorso allo smart working per gli impiegati hanno aiutato molto. «Si è fatto tanto per la sicurezza durante e dopo la prima ondata. Fino a oggi - secondo Silvano Pascolo, presidente di Confartigianato - possiamo dire che non è la fabbrica l’ambiente dove la diffusione del virus è maggiore. Certo, questo non vuole dire che bisogna abbassare la guardia. Anzi, ora è il momento di alzare ancora di più l’asticella dell’attenzione».

 

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Il Gazzettino