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Portorose, Slovenia. Ma anche Bibione, qualche decina di metri di fiume di distanza dal Friuli Venezia Giulia. I ristoranti sono tutti aperti, si può prenotare l’ombrellone, le terme sono aperte e frequentate. La località dell’Istria slovena può contare anche sul business dei casinò. Teletrasporto di cento chilometri ed ecco la montagna. Tra Kranjska Gora (Slovenia) e Arnoldstein (Austria) si trova tutto aperto: dai servizi agli impianti. In mezzo c’è la nostra regione, che non ha ancora imparato a sfruttare settembre come un mese davvero turistico. E per un altro anno è stato perso un treno da milioni di euro potenziali. Da Lignano a Tarvisio, infatti, il turismo friulano ha virtualmente abbassato le serrande. Certo, un po’ di vita si vede nei fine settimana. Ma le località citate si “mangiano” tranquillamente i turisti che non hanno rispettato il “mantra” delle ferie agostane e che hanno scelto l’ultimo scampolo di estate per partire.
DESOLAZIONE
Si parte da Lignano Sabbiadoro, che di recente ha varato un piano per de-stagionalizzare il turismo. Bene, ma si sconta ancora un ritardo decennale. Basta un colpo d’occhio sul litorale, infatti, per accorgersi che oggi chi raggiunge Lignano trova davvero poco a disposizione rispetto a chi l’aveva scelta durante il periodo classico dell’estate. Alberghi mezzi chiusi, sono finiti i concerti, i ristoranti funzionano a mezzo servizio. La spiaggia non ha più i servizi dell’estate.
GLI ESPERTI
Il quadro non è immediato. Nessuno ha tra le mani la bacchetta magica. E qualsiasi ragionamento sulla de-stagionalizzazione del turismo deve necessariamente passare da un piano economico e finanziario. Sì, perché in mezzo ci si mettono anche gli aumenti. Come fa un hotel a tenere aperto se già durante l’estate è rientrato a malapena degli investimenti legati a personale e spese fisse? «Il problema - ha spiegato Paola Schneider di Federalberghi - è che forse manca un po’ di promozione verso la categoria dei liberi professionisti, che non sceglie agosto per le sue ferie. Qualcosa è stato fatto ma è ancora poco. La maggior parte degli alberghi oggi chiude perché non è conveniente mantenere attivo il servizio per poche persone». Ma è un cane che si morde la coda, perché le poche presenze sono anche figlie dell’assenza di servizi. «Proprio per questo - conclude la presidente di Federalberghi - serve un deciso cambio di strategia. Allora gli hotel terranno aperto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino