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TRIESTE - Centocinquanta chilogrammi di esplosivo per far cadere la serie di tre recuperatori cowper, nell'area Icop. Oggi l'esplosione nella storica Ferriera di Trieste, la seconda dopo quella del 17 settembre scorso quando furono fatti saltare in aria gli ultimi quattro manufatti e un camino ancora in piedi dopo lo smantellamento dell'area a caldo dell'impianto siderurgico. Quella volta però furono utilizzati ben 500 chili di esplosivo.
A gestire il controllo e l'attrezzatura per l'esplosione è stata la Sid Società Italiana Demolizioni. I recuperatori cowper sono torri cilindriche riempite di speciali refrattari con la massima superficie di contatto ai gas in transito, rivestite esternamente di lamiera, chiuse superiormente da una cupola semisferica e inferiormente da un basamento in calcestruzzo. Erano proprio questi ultimi la sede dove è stato alloggiato l'esplosivo, così da far cadere i cowper senza distruggerli. Ne resteranno in piedi alla fine soltanto due delle due serie da tre. I due che resteranno, secondo un progetto della stessa Icop, potrebbero essere convertiti in ambiente di archeologia industriale con funzioni museali.
I cowper permettono di recuperare una parte dell'energia termica residua del gas in uscita dall'altoforno che, addizionato con aria soffiata da un ventilatore, viene bruciato per riscaldare l'impilaggio di mattoni refrattari all'interno del recuperatore, con un elevato coefficiente di scambio termico. Ottenuta la temperatura voluta, il ciclo viene invertito e l'impilaggio serve quindi per il riscaldamento dell'aria da insufflare nell'altoforno. A differenza della volta scorsa, quando l'esplosione sancì pubblicamente la fine dell'area a caldo e dunque fu accompagnata da una cerimonia, stavolta l'evento sarà esclusivamente tecnico sebbene di grande valore simbolico.
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