Esplosione alle Acciaierie Venete, c'è un terzo indagato: è un operaio, avrebbe effettuato una manovra errata

PADOVA - Proseguono le indagini sulla potente esplosione avvenuta, venerdì 27 ottobre all’ora di pranzo, nella sede di Acciaierie Venete di proprietà di...

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PADOVA - Proseguono le indagini sulla potente esplosione avvenuta, venerdì 27 ottobre all’ora di pranzo, nella sede di Acciaierie Venete di proprietà di Alessandro Banzato. Gli indagati sono saliti a tre. Dopo la società e il direttore dello stabilimento Christian Frelich, nei guai è finito l’operaio Valter Lionello


Anche lui è stato accusato dal pubblico ministero Marco Brusegan, titolare delle indagini, del reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Intanto resta ricoverato in terapia intensiva il dipendente bosniaco di 49 anni. 


L’INCHIESTA 
L’operaio è stato iscritto nel registro degli indagati, perchè quel giorno avrebbe sbagliato manovra provocando la fuoriuscita di una lingua di metallo fuso. Lionello, secondo l’accusa, attraverso un joystick stava guidando un enorme contenitore sospeso con all’interno acciaio fuso a 1.600 gradi. Il suo lavoro consiste nello svuotare il cassone e riempirne un altro a terra al massimo fino all’80 per cento della sua capacità. Ma venerdì 27 ottobre avrebbe commesso un errore nella manovra e avrebbe versato una maggiore quantità di metallo fuso del previsto, tanto da provocarne la fuoriuscita. La materia incandescente è precipitata sul pavimento dove era presente dell’acqua. La reazione caldo-freddo ha di fatto creato un effetto-ordigno
L’acqua, in quel punto, avrebbe dovuto essere alta pochi centimetri: è una sorta di piccola buca dove cadono le scintille dell’acciaio fuso e a contatto con l’acqua si spengono. Invece quel giorno di acqua ce ne sarebbe stata fin troppa: l’ipotesi più accredita è quella di una infiltrazione sul tetto del capannone e le intense piogge dell’ultimo periodo avrebbero contribuito a fare aumentare l’acqua. L’esplosione è stata talmente potente da piegare una lastra in metallo di circa 30 tonnellate, e da bucare in più punti il tetto del capannone. 
Insomma, l’incidente sul lavoro sarebbe stato provocato da un errore umano? Secondo gli inquirenti in parte sì, ma non del tutto. I tecnici dello Spisal e i vigili del fuoco stanno accertando se all’interno del capannone dove è situata la fornace sono state rispettate tutte le regole in materia di sicurezza sul lavoro. La Procura, nei prossimi giorni, attraverso un perito specializzato in sicurezza sui luoghi di lavoro andrà ad effettuare un sopralluogo nel capannone ancora sotto sequestro. 


IN OSPEDALE
Le condizioni dell’operaio bosniaco restano gravi. Ricoverato in terapia intensiva è ancora intubato. Presenta ustioni di terzo grado nel trenta per cento del corpo. È costantemente seguito dall’equipe del reparto Grandi Ustionati dell’Azienda ospedaliera di Padova. 


Oltre alle ustioni ha subito diverse fratture, a causa dell’onda d’urto che lo ha travolto. I medici sono preoccupati in particolare per il potente colpo al capo, rimediato nell’impatto con il terreno dopo essere stato spazzato via dall’esplosione. E proprio nella giornata di oggi dovrebbe essere trasferito in Ortopedia, per essere sottoposto a un intervento mirato a ridurre una delle fratture rimediate alle gambe. 
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Il Gazzettino