Sgaravatti, l'ultimo atto: un'eredità da 100 milioni e due testamenti diversi

La villa degli Sgaravatti a Saonara
PADOVA - La ricchezza esiste. E quando si muore senza figli il problema è destinarla. A Padova gli Sgaravatti non sono un nome, ma una leggenda. Hanno creato giardini per i...

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PADOVA - La ricchezza esiste. E quando si muore senza figli il problema è destinarla. A Padova gli Sgaravatti non sono un nome, ma una leggenda. Hanno creato giardini per i magnati russi, per gli emirati, per la villa Certosa di Berlusconi. Il loro patrimonio è enorme. Alberto Sgaravatti, erede di un ramo d’azienda, se n’è andato così come la moglie Renata Cappellato. Il primo senza fare testamento, la seconda scrivendone due in un anno. E ora comincia la battaglia. Per la loro villa affrescata dalla scuola del Tiepolo nella campagna alle porte di Padova, per un palazzo da 22 vani affacciato su Prato della Valle, per 100 ettari di pregiati vivai e decine di altri terreni tra il Veneto e Roma. Ma anche uffici, capannoni, una collezione con quindici auto d’epoca e una lunga serie di quadri preziosi. È un patrimonio da cento milioni di euro.

Sgaravatti, eredità da 100 milioni di euro e due testamenti: scatta la battaglia legale


La famiglia Sgaravatti, per due secoli titolare di un colosso del florovivaismo in grado di servire sedi ministeriali e ville da mille e una notte, oggi è sulla bocca di tutti. Il Gazzettino è in possesso di due diversi testamenti firmati nel giro di un anno dalla signora Renata, morta a 75 anni lo scorso anno: con il primo documento tutti i beni vengono destinati a due ex dipendenti dell’azienda, con il secondo risulta nominata erede universale una donna padovana e viene posta un’ulteriore condizione: acquistare un appartamento per la badante e versarle 300 euro al mese per il mantenimento del cane di famiglia. La sessantenne filippina Riton Feny, che ha assistito giorno e notte per sette anni i due coniugi, ha già fatto inviare una lettera di diffida dal suo avvocato: «Sono passati quattro mesi e della casa non c’è traccia». Gi altri due ex eredi ci stanno pensando. Una storia con dentro tantissime storie. Rosi Sgaravatti, appartenente ad un altro ramo familiare e titolare di un gruppo che continua a ornare altri gioielli in Costa Smeralda, allarga le braccia: «È una vicenda molto strana e davvero triste, avevo sentito un anno fa la signora Renata e mi aveva detto di essere sola. Chiunque sarà l’erede, mi auguro che porti avanti l’azienda. Quel nome a Padova è un simbolo». E nel piccolo comune di Saonara, dove nel 1820 tutto era iniziato, non si parla d’altro.


I DOCUMENTI
Riannodiamo i fili della storia. Alberto Sgaravatti è morto il 5 agosto 2019, a 91 anni, lasciando tutto alla moglie Renata. La signora è mancata invece lo scorso 19 dicembre. Non avevano figli e qui nasce il caso: due testamenti diversi, entrambi scritti a mano, depositati formalmente da due diversi notai padovani. Il primo atto è datato 11 ottobre 2019: a un lavoratore vanno 2,5 milioni, all’altro tutti gli altri beni. Il secondo, firmato il 20 ottobre 2020, nomina come erede unica una donna padovana, moglie di un avvocato, a cui chiede di occuparsi della badante e dà pure preziose istruzioni per aprire un baule, recuperare un paio di chiavi, arrivare in soffitta e trovare «il libretto della Ferrari». Due documenti che ora fanno discutere: «Sappiamo che ci sono due testamenti in conflitto, è tutto in mano all’avvocato. Noi aspettiamo» spiega l’ex impiegato che per oltre un anno si è immaginato milionario all’improvviso.


LA FAMIGLIA
Geniali e instancabili, ricchi ed eccentrici, gli Sgaravatti. Alberto, laureato in legge ha ereditato una fortuna da suo padre Angelo che insieme al fratello Leone ha sviluppato l’azienda due secoli fa facendole conquistare il mondo fra il 1950 e il 1980. In quegli anni gli Sgaravatti diventano i signori dei giardini, lavorano per Casa Savoia, trasformano il deserto degli emirati in splendide oasi verdi. Poi quando nel 1979 il principe Aga Khan decide di traslocare in Sardegna s’innamora di come avevano preparato un loro appezzamento. Grazie a un accordo con lui “vestono” le case dei vip come villa Certosa di Berlusconi: sui 120 ettari di quest’ultima lavorano otto anni terminando nel 2000. Solo “l’angolo” degli agrumi ha 152 varietà differenti.
L’azienda allora si era già smembrata e la parte operativa trasferita in Sardegna. Ad Alberto non restava che amministrare il suo patrimonio. Gli ettari di terreni che lui metteva in vendita alle sue condizioni, quando voleva un po’ di liquidi per altri affari. Poi villa Morosini con gli affreschi della scuola del Tiepolo sui muri a cui i soldati nella prima Guerra attaccarono gli anelli per le briglie dei propri cavalli portati nel grande salone per non farseli rubare. Oggi è valutata 1,7 milioni di euro ed è una delle quattro in centro al paese (tre vendute). 
E c’è il palazzo in Prato della Valle dove viveva, stimato 2 milioni di euro. La Ferrari grigia del 1969 coperta con il telo blu, in garage. Quella Ferrari con cui ebbe un incidente in gioventù e sul letto d’ospedale volle sposare Renata. A sua volta donna intelligente, gestiva la Sgaravatti di Roma ed era di altrettanta buona famiglia. Lo zio donò il Caffé Pedrocchi al Comune di Padova. E del resto la madre di Alberto non fu da meno. Conosceva il tedesco ed era introdotta al punto che fece da interprete all’ incontro fra Hitler e Mussolini del 1934, nella villa di Stra.


IL SINDACO


Walter Stefan è sindaco di Saonara da nove anni. «Non doveva finire così, con due testamenti contrapposti depositati a due diversi notai con tre diversi beneficiari. Eppure diverse fonti mi parlavano della volontà di Alberto Sgaravatti di lasciare tutto ai Frati di Santa Giustina: cosa non sorprendente dato che la residenza padovana degli Sgaravatti, in Prato della Valle, è all’ombra delle cupole della Basilica. L’amarezza viene perché termina anche l’ultima attività vivaistica degli Sgaravatti a Saonara. E la splendida dimora, affrescata da allievi della scuola del Tiepolo e bene tutelato dalla Sovraintendenza alle belle arti, è abbandonato da decenni. Ora interessa al Comune avere rapidamente certezza circa i reali eredi, sia per la regolarizzazione delle pendenze derivanti dai tributi locali e soprattutto perché vengano messi in sicurezza gli edifici pericolanti. Siamo in attesa, davanti a due distinti testamenti vengono dei dubbi».

 

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Il Gazzettino