Screening per l'epatite C, in tre mesi 1.300 prelievi: trovati dieci ammalati

Prelievi per scovare il virus dell'epatite c
PADOVA - Lo screening per l'epatite C inizia già a dare i suoi frutti. Su tutto il territorio dell'Euganea, dal 16 maggio ad oggi, oltre 1.300 persone hanno aderito...

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PADOVA - Lo screening per l'epatite C inizia già a dare i suoi frutti. Su tutto il territorio dell'Euganea, dal 16 maggio ad oggi, oltre 1.300 persone hanno aderito alla campagna promossa dalla Regione Veneto. Dieci i padovani che, grazie al test, hanno scoperto di essere positivi al virus dell'epatite C. Circa l'1% del totale. Ciascuno di loro, ora, sarà contattato dal Salvatore Lobello, medico epatologo, referente dell'Ulss 6 del progetto. «Gli obiettivi dello screening per epatite C sono molteplici - rivela il dottor Lobello - rilevare le infezioni non ancora diagnosticate, garantire la possibilità di un trattamento farmacologico precoce e altamente efficace e interrompere la circolazione del virus impedendo nuove infezioni».


Possono aderire le persone nate tra il 1969 e il 1989 e alcune popolazioni selezionate, quali i soggetti seguiti dai Servizi per le dipendenze e i detenuti. Il test consiste nel prelievo di sangue con ricerca degli anticorpi contro il virus dell'epatite C. L'esame può essere effettuato in occasione di un accesso alle strutture sanitarie (ad esempio: ricovero ospedaliero, intervento in day hospital, accesso ai punti prelievo), dopo confronto con il proprio medico curante, prenotato direttamente o anche senza impegnativa nei punti prelievo indicati. Nel frattempo l'Ulss sta pianificando l'invio di lettere d'invito direttamente nelle case ai cittadini. Tutto il percorso è gratuito, poiché I costi sono interamente coperti dal Servizio Sanitario Regionale.
«L'epatite C è un'infezione del fegato causata dal virus Hcv - continua il dottor Lobello -. La malattia spesso decorre senza sintomi o con disturbi vaghi e aspecifici. La guarigione avviene in circa il 20% dei casi, ma in un'elevata percentuale di pazienti (circa 80-85%), l'infezione acuta può diventare cronica e trasformarsi in una patologia di lunga durata. In alcuni casi può causare una cirrosi, ossia una condizione grave del fegato che può portare a insufficienza d'organo e tumore al fegato».
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stima che nel mondo vi siano circa 58 milioni di persone con infezione cronica da Hcv e circa 1,5 milioni di nuove infezioni all'anno. Stima, inoltre, che nel 2019 siano morte circa 290mila persone a causa di malattie del fegato correlate all'epatite C.
«La malattia è diffusa in tutto il mondo ed i paesi con i più alti tassi di infezioni croniche sono l'Egitto, il Pakistan e la Cina - aggiunge Lobello -. L'infezione da Hcv si trasmette prevalentemente attraverso il contatto di ferite, anche lievi, con sangue infetto. Comunque, l'infezione può essere presente anche in apparente assenza di fattori di rischio».

Diagnosticare e trattare l'epatite C in fase iniziale è fondamentale. «Evita le complicanze delle fasi avanzate, quali la cirrosi, il tumore al fegato e altri gravi disturbi, riduce i costi complessivi del trattamento e migliora la qualità di vita dei pazienti - conclude l'esperto -. In Italia abbiamo a disposizione dalla fine del 2014 nuovi farmaci antivirali orali ad azione diretta per la terapia dell'epatite C, che con un trattamento di breve durata (8-12 settimane) sono  altamente efficaci nell'eliminare definitivamente l'infezione da Hcv e sono ben tollerati in tutte le categorie di pazienti infetti». Per informazioni mail: salvatore.lobello@aulss6.veneto.it, tel. 049 8216940.

    
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Il Gazzettino