OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Il rischio vero, se non saranno prese iniziative a breve periodo che possano almeno tappare le falle più grosse, sarà che con la stagione invernale, quando tutto girerà a pieno regime e i numeri degli accessi inizieranno ad ingrossarsi, diversi pronto soccorso sul territorio possano alzare bandiera bianca. Cosa significa? Intasamenti colossali, pochi posti letto a disposizione e interventi per i malati, anche quelli in situazione critiche, sempre più compromessi. A dirlo è il segretario regionale dell’Anaao - Assomed, Massimiliano Tosto che la situazione la conosce bene.
AL COLLASSO
Del resto già ora diversi Dipartimenti di emergenza/Pronto soccorso da Udine a Pordenone, passando per Trieste, ma inserendo anche gli ospedali della Bassa friulana e pordenonese, sono al collasso. Turni di 12 ore, riposi settimanali che saltano, rientri necessari, ritmi di lavoro da catena di montaggio, stress e stipendi che non sono all’altezza hanno amplificato sempre più la fuga dei professionisti dell’emergenza verso il privato o verso altri servizi meno aggressivi. Il risultato? Organici ridotti anche di 7 - 8 unità nei Ps più grandi e sempre meno infermieri. E anche chi pensava che agosto, solitamente mese in cui gli accessi diminuiscono perchè prevalgono le ferie, fosse tranquillo, si sbagliava.
LA SITUAZIONE
«Quello che sta accadendo nei pronto soccorso è sotto gli occhi di tutti - spiega Massimiliano Tosto, segretario regionale Anaao - ed è indicativo della situazione generale. Sono tre le grandi problematiche che incombono e mettono a rischio i servizi. Intanto la carenza di personale, tanti non reggono anche perchè non c’è vita, ma solo stress e quindi se ne vanno.
Sanità in affanno, al pronto soccorso di Pordenone mancano 9 medici. Udine non sta meglio
COSA FARE
«La premessa - va avanti Tosto - è che non è una soluzione facile da risolvere e per avere una stabilizzazione con una ripresa del personale e dei medici che vogliano lavorare nell’emergenza, serviranno almeno 7, 8, forse 10 anni con interventi strutturali. Adesso, però, ci servono soluzioni rapide, che possano - tanto per fare un esempio - assorbire il carico che arriverà con la stagione invernale. Intanto - spiega - è necessario che il territorio assorba di più, evitando l’accesso di codici bianchi e verdi, dilatando gli orari dei medici di medicina generale, realizzando ambulatori con apparecchiature che possano fare almeno un primo filtro. Secondo aspetto aumentare i posti letto nelle corsie in modo da avere un passaggio più veloce dal pronto soccorso ai reparti e terza cosa, premiare con incentivi economici chi lavora nell’Emergenza per evitare altre fughe e invogliare nuovi colleghi. Queste sono le cose che potrebbero essere fatte in tempi moderatamente brevi e potrebbero aiutare a “sfangare” l’inverno, la stagione peggiore. Nel frattempo - conclude - devono essere messi a terra interventi strutturali per dare respiro tra qualche anno. Voglio anche dire che da parte nostra non ci sono preclusioni per l’arrivo di medici stranieri, purché ci sia una chiara indicazione sul Paese di provenienza, abbiano un percorso di studi simile al nostro e naturalmente sappiano la lingua italiana. Anche gettare le basi per un ragionamento di questo tipo, organizzare una formazione, potrebbe essere di grande aiuto in futuro. Ovviamente il tutto dovrà essere transitorio, per coprire l’emergenza».
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino