Tragedia di Sequals: «Una scena terribile: ho visto l'elicottero impennarsi e poi precipitare»

SEQUALS - «E' stata una scena terribile: abbiamo visto il velivolo volteggiare in maniera anomala, poi ha iniziato a perdere quota, fino allo schianto». A parlare...

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SEQUALS - «E' stata una scena terribile: abbiamo visto il velivolo volteggiare in maniera anomala, poi ha iniziato a perdere quota, fino allo schianto». A parlare è Mauro Mazzoli, originario di Maniago, che da tempo risiede a Solimbergo di Sequals, poco distante dal torrente Meduna, dove si è consumata la tragedia aerea di ieri, in cui ha perso la vita il 45enne imprenditore bellunese Igor Schiocchet, che si trovava ai comandi del suo piccolo CH7 Charlie 1. «Stavo chiacchierando con il mio vicino di casa, appena dopo le 12 - ha spiegato il testimone oculare dell'incidente - quando la nostra attenzione è stata attirata da questo mini-elicottero che stava arrivando dalle montagne. Dopo pochi istanti l'ho visto impennarsi, capovolgersi e precipitare. Siamo accorsi per cercare di dare una mano. Abbiamo anche spostato dei rottami sotto cui il pilota era rimasto parzialmente sepolto». Nei primi istanti c'è stata anche una flebile speranza che l'uomo potesse essere ancora vivo. «Quando siamo arrivati nel greto c'era già un altro elicottero, gemello, che era atterrato poco distante. La persona che si trovava ai comandi ci ha riferito che gli sembrava di aver udito un lamento, ma nonostante i tentativi di rianimazione la vittima dello schianto al suolo non si è in realtà mai ripreso».

I SOCCORRITORI
Assieme a Mazzoli c'era Stefano Izzo, già comandante del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Pordenone. «Sono stati attimi davvero concitati - le sue parole -: abbiamo subito intuito che poteva trattarsi di un evento irreparabile perché la discesa, da un'altezza di circa 100 metri, è stata incontrollata e repentina. Restava soltanto l'auspicio che potesse aver ripreso almeno parzialmente il controllo prima dell'impatto al suolo, perché la fitta boscaglia ci ha impedito di vedere l'ultima parte della traiettoria e il rumore che abbiamo udito, pur essendo ad almeno mezzo chilometro di distanza, sembrava attenuato. Non certo un boato. E non si notavamo fiamme o fumo».

«Siamo immediatamente saliti a bordo del mio fuoristrada - continua il racconto dell'ex ufficiale delle Fiamme Gialle -: una volta nel veicolo ho subito chiamato il 112 allertando la centrale operativa della Sores Fvg sulla possibile disgrazia. I soccorsi sono stati rapidissimi. L'ambulanza (di stanza a Sequals, ndr) è arrivata nell'arco di cinque minuti. Nel frattempo noi, grazie al mezzo adatto a un fondo così accidentato, siamo riusciti a giungere in prossimità dei rottami: in quei frangenti non abbiamo pensato al pericolo di esplosione. C'era in ballo una vita e, quindi, pur con grande circospezione, e cercando di non mettere a rischio la nostra incolumità, ci siamo avvicinati. Constatato che non c'era un reale rischio imminente, visto che la parte con il serbatoio si era staccata dalla cabina, abbiamo provato, assieme all'altro pilota, a portare soccorso. Ho lasciato il mio vicino Mauro sul posto e sono tornato nei pressi delle sponde del Meduna per fornire indicazioni precise al personale della lettiga sul sentiero da percorrere. E' stata una scelta azzeccata perché l'ambulanza è rimasta prigioniera nel fango: abbiamo allora trasferito tutto il materiale sanitario nella mia vettura e ho trasportato l'equipe sin nella zona dello schianto. Tutto si è purtroppo rivelato vano». «Anche gli altri soccorritori sono stati encomiabili - la conclusione del secondo testimone della disgrazia -: l'elicottero del 118 è atterrato poco dopo direttamente nel greto, i Vigili del fuoco, con i loro mezzi speciali, hanno raggiunto il relitto, hanno messo in sicurezza la scena, hanno neutralizzato i serbatoi e bonificato l'area dalla presenza di alcune taniche. I Carabinieri della Compagnia di Spilimbergo si sono occupati delle indagini, anche con il reparto investigazioni scientifiche di Pordenone».

«SPERAVO IN UN MIRACOLO»


Il pilota del secondo velivolo, Alessandro Bogo, anche lui bellunese e imprenditore, ha spiegato ai due primi soccorritori cosa è successo in quei frangenti drammatici: «Mi alzavo sopra le sponde del torrente Meduna per non perdere il contatto radio con la torre di controllo della Base di Aviano, perché è fondamentale in una zona sensibile come questa dove operano aerei militari. Contemporaneamente, setacciavo dall'alto il greto per cercare di avvistare l'elicottero di Igor, che viaggiava una quindicina di secondi prima di me e che avevo perso di vista. Quando ho notato il relitto ho capito che era successo un dramma, anche se fin quando non mi sono avvicinato a lui, da terra, ho sperato nel miracolo».



 

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Il Gazzettino