Omicidio Noventa, la Consulta dà ragione a Freddy: stop alla confisca

Omicidio Noventa, la Consulta dà ragione a Freddy: stop alla confisca
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ALBIGNASEGO (PADOVA) - Il sequestro a fini di confisca dei beni di proprietà di Freddy Sorgato era approdato davanti ai giudici della Corte Costituzionale. Era la decisione assunta dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Padova (presidente Nicoletta De Nardus) che ha accolto la questione di legittimità sollevata dai legali dell'ex ballerino, gli avvocati Giuseppe Pavan, Massimo Malipiero e Laura Zanellato. E la Consulta ha stabilito che non può essere applicata a Freddy Sorgato la doppia misura di prevenzione, sia personale che patrimoniale, sollecitata dal pubblico ministero Giorgio Falcone. Insomma i legali del ballerino hanno avuto ragione. 

 

IL PATRIMONIO
Era un procedimento parallelo e completamente sganciato dal processo penale che ha visto confermare in Corte d'Appello le condanne inflitte in primo grado a Freddy e Debora Sorgato, e alla tabaccaia veneziana Manuela Cacco. Dalle indagini sull'omicidio era emerso che l'autotrasportatore deteneva un patrimonio complessivo (beni immobili e denaro in sei conti correnti per circa due milioni di euro) esorbitante rispetto alle entrate derivanti dalle sue attività lavorative. Per la Procura era quindi necessaria l'applicazione di quest'ulteriore misura di prevenzione, in aggiunta al sequestro conservativo fino ad un massimo di un milione di euro già disposto dal giudice di primo grado, a beneficio delle parti civili. La difesa ha però sollevato una questione di legittimità costituzionale ritenendo che la doppia misura preventiva, prevista da un decreto legislativo del 2011, si basi su parametri vaghi e generici, limitandosi ad un presupposto di pericolosità del soggetto in questione. Un provvedimento di quel tenore violerebbe - per i legali di Sorgato - il principio di legalità, concedendo al giudice un eccessivo margine di discrezionalità. Tesi che il Tribunale ha giudicato non manifestamente infondata, aprendo quindi la strada al vaglio della Corte Costituzionale. Gli atti sono stati trasmessi alla Consulta che ieri si è espressa. 
LA MOTIVAZIONE

La Corte ha invece ritenuto sufficientemente precise, e dunque conformi al principio di legalità, le disposizioni che consentono di applicare le stesse misure a chi vive abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose. Secondo la giurisprudenza più recente, infatti, le misure in questione possono essere applicate solo a chi, sulla base di precisi elementi di fatto, si può ritenere che abbia commesso, in un significativo arco temporale, delitti fonte di profitti che abbiano costituito il suo unico reddito, o quanto meno una componete significativa del reddito. Tutti questi elementi devono dunque essere dimostrati dal pubblico ministero o dall'autorità di polizia nel procedimento di prevenzione affinché il Tribunale possa applicare la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza o la confisca dei beni presumibilmente acquistati grazie alle attività delittuose e dei quali il soggetto non possa giustificare l'origine lecita.
Marco Aldighieri Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino