Caso Electrolux, la Salamon: «Tagli ai salari per salvare il lavoro»

Caso Electrolux, la Salamon: «Tagli ai salari per salvare il lavoro»
TREVISO - Il sasso è stato lanciato. E lo ha fatto la giovane imprenditrice Elisa Morandin della Morandin contenitori industriali spa di Santa Lucia: «Lavoriamo davanti allo...

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TREVISO - Il sasso è stato lanciato. E lo ha fatto la giovane imprenditrice Elisa Morandin della Morandin contenitori industriali spa di Santa Lucia: «Lavoriamo davanti allo stabilimento Electrolux nello stesso settore e nella stessa situazione - ha detto- . Possiamo sentirci legittimati a fare la stessa riduzione degli stipendi? La par condicio deve valere anche per noi». Sicuramente, come la stessa Morandin ha sottolineato, una provocazione. Che, però, ieri è stata raccolta in maniera tutt'altro che banale da Marina Salamon, imprenditrice 55enne, fondatrice di Altana, una delle maggiori aziende italiane nella produzione di abbigliamento per bambini.




Salamon, in caso di necessità ridurrebbe gli stipendi dei suoi lavoratori pur di mantenere l'occupazione? «L'importante è non perdere posti di lavoro. Se questa è la base di partenza allora ha senso avere il coraggio di intraprendere certe strade. Perché, se Electrolux o Fiat si costruiscono delle ragioni per andare via dall'Italia, più o meno giustificabili, sono posti di lavoro perduti per sempre».



Non rischia di essere troppo facile? «Quello che deve contare è il comportamento dei capi. Se dessi a me stessa dei soldi, li portassi via dalle aziende o prendessi premi di non so che tipo, non avrei titolo per chiedere niente a nessuno. L'esempio comincia da noi».



Della serie: tra una sforbiciata e la disoccupazione, meglio la sforbiciata? «Se sono veri i numeri dati dall'Electrolux, se è vero il taglio di 130 euro a fronte di 6 ore lavorate anziché 8, allora chiedo: meglio questo o meglio rimanere senza azienda? Per essere trasparenti, Porcìa rischia molto. E non è vero che è pronta la Silicon Valley californiana e che uno trova lavoro su internet. Queste cose non avvengono qui. Il manifatturiero va difeso. Non voglio un Paese dove tutti debbono emigrare».



Alcuni vedono le richieste del colosso svedese come un ricatto. «Non bisogna contrapporsi inutilmente. Bisogna ragionare, dirsi la verità e risolvere i problemi. Senza proclami demagogici: né da una parte né dall'altra».



Frutti del neoliberismo globalizzato? «Un esempio: all'Altana da sempre produciamo tutta la linea Gucci in Italia. Altre linee, invece, non riusciamo a produrle qui. Perché la gente non è disposta a pagarle più di una certa cifra. Lo stesso discorso vale per le lavatrici. Io non ho mai speso più di 250 euro per una lavatrice che comunque dura tanto. Chi è disposto a mettere 100 euro in più per riconoscere la provenienza? Questo è il problema vero».



Nessun timore che il taglio degli stipendi rappresenti un precedente difficile da gestire? «Ci sono realtà come i contratti di solidarietà. Una cosa buona e seria: la gente non perde il posto di lavoro e si prende un pò di tempo per superare la crisi. E poi ci sono altre realtà come l'Alitalia dove si è fatto finta di portare avanti delle cose e poi i dipendenti sono stati coperti per una decina d'anni. Qui chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori. Non è giusto. Vogliamo continuare così? La responsabilità deve essere uguale per tutti. Non ci può essere una persona protetta e un'altra no. L'economia creerà meno posti di lavoro. E questo si affronta solo con eguaglianza di diritti e di doveri». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino