Electrolux, scontro dentro il sindacato sull'esito del referendum: a rischio integrativo, aumenti e oltre cento assunzioni

Operai addetti alla produzione di lavatrici nello stabilimento Electrolux di Porcia
PORDENONE - Apre scenari inediti e piuttosto incerti (a rischio anche aumenti e assunzioni previste) il “clamoroso” risultato del voto referendario nelle fabbriche del...

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PORDENONE - Apre scenari inediti e piuttosto incerti (a rischio anche aumenti e assunzioni previste) il “clamoroso” risultato del voto referendario nelle fabbriche del gruppo Electrolux sulla bozza di accordo integrativo per il prossimo triennio. Se considerato complessivamente (cioé contando gli esiti di tutte le fabbriche in Italia della due società, quella degli Elettrodomestici e quella delle apparecchiature Professionali) il risultato vede il sì prevalere per 32 voti, 1867 contro 1834. Il nodo da risolvere - prima all’interno dello stesso sindacato, poi con la multinazionale svedese - è quello che riguarda il risultato in Electrolux Elettrodomestici, dove in tre dei cinque stabilimenti il contratto integrativo è stato bocciato. Se si esclude la fabbrica marchigiana di Cerreto, tra gli stabilimenti “storici” e più grandi il sì ha prevalso, con un margine piuttosto alto, solo a Porcia.


CONFRONTO INTERNO
Negli altri stabilimenti - in particolare a Susegana e a Forlì - ci sarebbe una sorta di “rivolta della base” rispetto ai vertici delle organizzazioni sindacali nazionali di Fim, Fiom e Uilm. Le Rsu degli stabilimenti continuano a ribadire che i due settori produttivi di Electrolux vanno considerati separatamente: se nel Professional ha vinto il sì, nell’Elettrodomestico ha prevalso il no. Quindi l’accordo integrativo - secondo le Rsu di quelle fabbriche - non può passare. Nello stabilimento di Forlì la rappresentanza sindacale unitaria di base (con tutte e le tre le sigle, Fim, Fiom e Uilm) ha formalizzato la posizione in un volantino: negli stabilimenti di Electrolux elettrodomestico ha prevalso il no con 55% (a Forlì il 76%, di più a Susegana) e quindi l’accordo è stato bocciato, serve riaprire la trattativa sgomberando il campo da ciò che i lavoratori non vogliono. Già ieri si è aperto un confronto interno alle tre sigle sindacali, per ora separato ma con l’obiettivo di organizzare entro pochi giorni un coordinamento unitario per cercare una via di uscita. Sarà proprio dal “parlamentino” sindacale nazionale (Rsu, segreterie provinciale e nazionali) che dovrà arrivare un’indicazione. Da quanto si è appreso per la Fim-Cisl ha ribadito che il risultato parla di una vittoria del sì, ma è necessario valutare come procedere. Oggi sarà la volta delle strutture della Uilm: «Si può asserire che formalmente i sì hanno prevalso nel complesso, ma è altrettanto chiaro che arriva dalle fabbriche di elettrodomestici un segnale forte di dissenso che il sindacato non può ignorare».

Electrolux, sì al contratto per un soffio: il referendum nelle fabbriche


IL MESSAGGIO


Un messaggio chiaro: c’è un problema di sostanza “politica” rispetto all’accordo che va affrontato unitariamente prima di compiere qualsiasi passo con l’azienda. Gli scenari possibili sono perciò incerti: difficilmente i vertici sindacali ratificheranno l’accordo con una base divisa e in “rivolta”. La possibilità di valutare un ritorno al tavolo con l’impresa - come chiesto dalle Rsu delle fabbriche in cui l’intesa è stata bocciata - sembra difficilmente percorribile. E poi, sarebbe disposta l’azienda a rivedere le sue posizioni rispetto ai temi (orario e straordinario) che vengono maggiormente contestati? Anche su questo una risposta è in questo momento difficile. Un altro scenario potrebbe essere quello che vede “congelare” l’intesa (almeno finché il sindacato non trova un’unità di intenti) in una fase in cui verrebbero applicate le vecchie regole. Azienda e sindacato farebbero riferimento al vecchio integrativo ed eventualmente al contratto nazionale di categoria. Sia gli aumenti salariali (800 euro nel periodo previsto) che le 110 assunzioni che la multinazionale si è impegnata a fare entro il 2021 sarebbero a rischio nel caso in cui l’intesa non dovesse essere ratificata. Un bel rebus.

 

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Il Gazzettino