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UDINE - I fondi e le multinazionali? «Rischiano di creare un nuovo comunismo livellando verso il basso il valore delle più belle imprese italiane in cui entrano, questo è il nuovo comunismo». Carlo Dall'Ava, un imprenditore friulano storico del prosciutto di San Daniele con negozi in Friuli e Veneto (a Cortina), un centinaio di addetti, affermatosi anche nei dolci d'eccellenza con la Bakery Maria Vittoria, è netto e rompe un tabù sulla finanza d'impresa che in questi ultimi anni sta facendo razzia di marchi storici della moda e dell'agroalimentare italiano: «È l'imprenditore che ogni giorno rischia ed è attento al capitale umano e al territorio, soprattutto nelle piccole aziende. Un intreccio strategico che può garantire maggiore competitività e un'energia creativa straordinaria, alimentata dal senso di appartenenza di ciascuno - avverte al telefono mentre sta andando a Parma a curare in prima persona l'azienda acquisita nel 2021 insieme al suo socio al 70%, la famiglia francese D'Espous a capo di un gruppo da 800 milioni di ricavi sempre nell'eccellenza agroalimentare, Loste Tradi-France -. Società internazionali e fondi di investimento entrano nelle più belle imprese italiane del vino, dell'agroalimentare, e le livellano al ribasso, questo è il nuovo comunismo. Spesso non ti aiutano a diventare grandi con pazienza: la prima cosa che fanno quando entrano nel capitale è azzerare il management locale convinti che solo loro sanno come gestire un'azienda. Sono troppo aggressivi, pensano solo a vendere dopo tre anni, non guardano agli investimenti o alle persone». Non tutti i fondi sono locuste. «Vero, ce ne sono di attenti, soprattutto gli americani che capiscono la meritocrazia, ma tanti altri fondi, soprattutto italiani ed europei, pensano solo al profitto immediato, a spostare le produzioni in Albania e alle stock option», rincara la dose l'imprenditore udinese che ricorda di aver iniziato a lavorare a 16 anni e che nel 2005 ha comprato l'azienda dalla famiglia «per non farla finire a una finanziaria».
SOCIO AL 30%
Dall'Ava sa bene di cosa parla e ha fatto una scelta precisa già cinque anni fa. «L'ottimizzazione dei processi, della finanza sono importanti. I numeri vanno letti, ma se guardi solo a quelli fai danni incredibili. Dietro ci sono le famiglie che hanno creato quell'azienda, le persone che lavorano con te che sono l'anima di un'impresa - ricorda l'imprenditore friulano di seconda generazione con il Dok Dall'Ava a San Daniele che ha fondato anche il marchio Dall'Ava Bakery Maria Vittoria, panettoni e dolci che viaggiano già sui 2 milioni di ricavi -. Per questo nel 2017, quando dopo il crac della Popolare di Vicenza le banche cambiavano aria, per crescere ho fatto entrare in maggioranza la famiglia D'Espous: sono a capo di un grande gruppo internazionale ma capiscono bene la nostra realtà. E da allora siamo cresciuti da 7 a 9,5 milioni di fatturato (la metà all'estero) passando indenni dagli anni terribili del Covid e con l'obiettivo di arrivare a 14 entro due o tre anni. Sono rimasto socio al 30% e gestisco direttamente la società. Loro quando c'è bisogno intervengono ma per il resto sono azionisti pazienti e attenti, non si intromettono nella gestione. Hanno grande rispetto per la nostra storia perché sanno cos'è un'impresa familiare. Tanto che quando nel 2021 hanno comprato un'altra azienda a Parma, la Pio Tosini (la più antica azienda dei prosciutti d'Italia fondata nel 1905 a Langhirano) mi hanno fatto presidente. Anche questa realtà dei prosciutti vogliamo farla sviluppare bene, oggi fa 7,8 milioni ma vogliamo portarla a 9 ed entro il 2025 a 14».
Il Gazzettino