Traffico di sostanze dopanti: «Mio figlio mi ha mentito, credevo fossero integratori»

Anna Maria Taormina, la bidella 60enne indagata per un traffico internazionale di sostanze dopanti
TREVIGNANO - «Mi ha mentito, sono molto arrabbiata con mio figlio. Mi diceva che era tutto a posto, che non c’era niente di illegale. Il mio errore è stato...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

TREVIGNANO - «Mi ha mentito, sono molto arrabbiata con mio figlio. Mi diceva che era tutto a posto, che non c’era niente di illegale. Il mio errore è stato quello di avergli creduto e di avergli dato una mano». È durato meno di venti minuti l’interrogatorio di garanzia di Anna Maria Taormina, la bidella in aspettativa finita agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta su un traffico internazionale di sostanze dopanti. Di fronte al gip Angelo Mascolo, la 60enne di Trevignano ha risposto a tutte le domande, puntando il dito contro il figlio, Pietro Munisteri, 35enne personal trainer ma formalmente disoccupato (tanto da percepire il reddito di cittadinanza, ndr), che invece si trova rinchiuso in carcere a Gela. Anche lui, dopo la madre, è stato sentito in videoconferenza dal gip Mascolo, rinunciando al diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere. «Ha ammesso ogni responsabilità - ha affermato il suo legale, l’avvocato Giuseppe Vinciguerra del foro di Agrigento, che rappresenta anche la madre - Era convinto che le sue condotte fossero sanzionabili a livello amministrativo. Non aveva idea che i reati commessi fossero così gravi».


LE VERSIONI

Lui aveva una minima idea di quello che stava facendo ma non ne percepiva la gravità, lei invece sembra ignorasse che l’attività fosse illecita. Motivo per cui l’avvocato Vinciguerra ha presentato la richiesta di revoca della misura cautelare per Anna Maria Taormina e la modifica in una meno afflittiva per Pietro Munisteri. Il gip si è riservato la decisione in attesa del parere del pm Mara Giovanna De Donà, titolare del fascicolo. «I miei assistiti non sono dei criminali, sono delle persone lontane dagli ambienti malavitosi - sottolinea l’avvocato Vinciguerra - Il loro comportamento ne è la prova: la signora non sapeva si trattasse di sostanze dopanti ma credeva fossero dei semplici integratori, il figlio ha ammesso ogni responsabilità. Per questo confidiamo che in questa fase la custodia cautelare possa essere modificata per entrambi». Già, perché le indagini sono vicine alla chiusura e secondo il legale, a fronte dell’esito degli interrogatori, sostiene che le esigenze siano venute meno. 


IL CONFRONTO

Secondo quanto sostenuto dai carabinieri del Nas, che hanno condotto le indagini, madre e figlio hanno collezionato una sfilza di reati: illecita importazione e commercializzazione di medicinali vietati, assunzione di farmaci vietati, falsificazione di prescrizioni mediche, esercizio abusivo della professione sanitaria e somministrazione e commercializzazione di medicinali guasti o imperfetti in modo pericoloso per la salute pubblica. Una contestazione, quest’ultima legata all’attività di “chimico” del 35enne. Munisteri infatti produceva anche farmaci in proprio, usando brand inventati che garantiva ai due un giro d’affari da centinaia di migliaia di euro. «La signora Taormina credeva davvero che quei prodotti non fossero altro che integratori - continua l’avvocato Vinciguerra - tant’è che, quando a marzo 2020 è stata effettuata la perquisizione nella loro casa, la donna ha iniziato ad avere problemi con il figlio e lo ha spedito in Sicilia». Munisteri, che di fatto è incensurato, spera che l’ammissione di colpa possa portarlo a breve fuori dal carcere: «È la prima volta che viene a contatto con l’ambiente carcerario. Sono passati pochi giorni ma è già molto provato - conclude il legale - Non a caso si è assunto ogni responsabilità nella speranza di poter ottenere quantomeno i domiciliari. Ha raccontato al giudice che era convinto che quello che faceva fosse sì sbagliato, ma che si sarebbe tutto risolto con una sanzione amministrativa. Adesso sa che non è così, e ha paura».

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino