«Come difendersi in strada», al corso offerto dal Comune arrivano 60 donne: «Non dare le spalle»

ALBIGNASEGO - Donne a lezioni di difesa sponsorizzate dal comune
ALBIGNASEGO - «Perché siete qui?». È questa la domanda che si sono sentite fare a bruciapelo le trenta donne che hanno raggiunto in un piovigginoso...

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ALBIGNASEGO - «Perché siete qui?». È questa la domanda che si sono sentite fare a bruciapelo le trenta donne che hanno raggiunto in un piovigginoso lunedì sera di fine ottobre la palestra delle scuole medie Valgimigli per la prima lezione del corso di difesa personale. Altre trenta sono uscite dal turno precedente, ma, non essendosi incrociate, non hanno potuto confrontarsi su come fosse andata la serata, se ne fosse valsa la pena. Una alla volta, certificato medico alla mano ed espressioni incuriosite nel volto, iniziano a rispondere a Niccolò Menon, istruttore della asd Aska, su cosa le abbia spinte ad uscire di casa per imparare le tecniche di prima difesa. «Perché voglio acquisire una maggiore sicurezza» risponde la prima. «Voglio smettere di avere paura», sembra completarle la frase la seconda. La paura è quella di incontrare qualche malintenzionato, come sempre più spesso capita a sentire i fatti di cronaca, mentre il desiderio è quello di saperlo affrontare e gestire nel migliore dei modi, senza fomentarlo, anzi calmandone la rabbia, fermando la violenza sul nascere. 


L’OBIETTIVO
«Mi piacerebbe sentirmi più tranquilla quando mi trovo sul tram da sola o quando giro a piedi la sera. Insomma mi piacerebbe permettermi di fare quello di cui ho voglia, come fanno normalmente i ragazzi» aggiunge un’altra donna, particolarmente minuta. «Sono venuta qui per portare lei» confessa una mamma. 
Alle sue spalle fa capolino la stessa capigliatura biondo cenere sul viso di una ragazzina poco più che adolescente, che da quella stessa scuola Valgimigli è uscita appena tre anni fa e che ora si trova a rifrequentarne la palestra per tutt’altra ragione. «Io sono qui perché lo ha voluto mia mamma» ammette timidamente. È la più giovane all’interno di un gineceo che va dai 16 ai 60 anni ed oltre, dove gli unici volti barbuti sono quelli degli insegnanti e dei loro aiutanti. 


L’ESPERIENZA
«Io ho pensato di iscrivermi perché avevo fatto questo stesso corso 4 anni fa e lo avevo trovato molto utile, - aggiunge una habitué. - Mi ha dato una gran consapevolezza». «Io sono venuta perché è gratis» riconosce la ragazza che le è vicino, suscitando le risa di tutto il gruppo. Sì, perché il corso di prima difesa, cioè le cinque serate dedicate alle donne di Albignasego per meglio comprendere come muoversi dal punto di vista comportamentale e fisico nel caso di incontri sgraditi, molesti o addirittura aggressivi, viene totalmente offerto dal Comune, in collaborazione con la società sportiva Aska nella divisione progetti sociali. 


GLI ESERCIZI
Fatto il giro di nomi e qualche esercizio di riscaldamento tra le imprecazioni velate alla volta degli insegnanti, le partecipanti si dividono in una quindicina di coppie per simulare delle situazioni più o meno pericolose. Se una tenta un approccio pesantemente molesto immobilizzando il polso della compagna, l’altra impara ad individuare i punti deboli dell’antagonista, ma anche le leve articolari che potranno farle gioco nel meccanismo di difesa. 
«Non date mai le spalle alla persona che vi sta infastidendo – ammonisce Niccolò. – Non siate voi ad attaccare o a cercare di far male per paura. Tante volte è sufficiente qualche piccolo trucco psicologico, magari anche assecondando fintamente l’ego dell’uomo che si ha di fronte per disarcionarne l’aggressività».


Fintanto che le coppie provano a contrastarsi l’una con l’altra giocando sulle leve di polsi e gomiti, uno degli istruttori più corpulenti cade al fianco di una donna magrolina, che a malapena gli arrivava al petto. Le ragazze vedono che l’esercizio funziona. «Con grossa probabilità, l’aggressore è sempre più forte. Ma se impariamo a distrarlo, a bloccarlo, a colpirlo sui punti deboli, avremo già modo di creare una distanza, di darci alla fuga, di chiamare aiuto». L’ora sta per finire e cinque o sei tecniche efficaci si sono già messe in pratica. Le partecipanti escono dalla palestra sorridendo e chiacchierando. Si incamminano serene verso casa. Anche se sono da sole. Anche se è buio.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino