OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
È per distacco il panorama principe che caratterizza e disegna la campagna friulana. Distese sconfinate di granturco. O mais, è lo stesso. Chilometri e chilometri di pannocchie. Una storia secolare che per volere dell’Unione europea sta per finire. Con ripercussioni economiche che potrebbero mettere in difficoltà centinaia di coltivatori in tutto il Friuli Venezia Giulia. Da solo, infatti, il comparto del mais nella nostra regione rappresenta il 70 per cento delle colture. E vale mediamente più di 110 milioni di euro, pari al 10 per cento della quota nazionale. Perché questi numeri adesso sono a rischio? Tutto deriva da una normativa comunitaria che l’anno scorso era stata sospesa dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
LA STRETTA
Bruxelles ordina, anche il Friuli Venezia Giulia deve adeguarsi. La norma stabilita dall’Unione europea utilizza termini fin troppo tecnici: si parla infatti di monosuccessione. O meglio del suo abbandono. Concretamente, significa che un agricoltore non può più piantare lo stesso cereale un anno sì e l’altro anche. Ogni biennio, infatti, scatta il divieto di ripetere la medesima coltivazione sullo stesso terreno. «Ovviamente - spiega il presidente pordenonese della Coldiretti, Matteo Zolin - a patto di voler continuare a ricevere le sovvenzioni comunitarie». E dal momento che sono bei soldi, è difficile pensare che qualcuno voglia mettersi di traverso rispetto al provvedimento europeo.
L’obbligo di avvicendamento nelle colture di fatto rivoluziona una tradizione che in Friuli Venezia Giulia è più radicata rispetto a quanto avviene negli altri territori.
I MOTIVI
La ratio alla base del provvedimento europeo si trova in un duplice binario: salvaguardare la produttività del terreno, che secondo gli esperti di Bruxelles sarebbe minore se riferita alla monocoltura, e in seconda battuta «rendere più efficace l’azione dei fitofarmaci contro gli agenti patogeni», come spiega sempre il presidente locale di Coldiretti, Matteo Zolin.
Chi avrà più problemi nell’adeguarsi alla nuova normativa europea che entrerà ufficialmente in vigore nel 2024 dopo lo stop cautelativo dell’anno scorso? «Avrà meno ripercussioni - illustra ancora Matteo Zolin - chi vende. Mentre chi ha un’azienda di natura zootecnica potrà patire di più». E l’allarme nel comparto agricolo del Friuli Venezia Giulia è già al massimo livello, con i professionisti pronti a chiedere i danni. Dall’altro lato, però, i contributi dell’Unione europea fanno gola: si parla di 200 euro ad ettaro per quanto riguarda il mais. Al momento, la richiesta della Coldiretti va in una direzione: «Chiedere più tempo per ampliare la sperimentazione di nuove tecniche agricole». Ma la norma è chiara: dal 2024 la produzione di mais rischia - un anno sì e un anno no - di risultare dimezzata.
I NUMERI
Purtroppo in Friuli Venezia Giulia la stretta ambientalista e “green” dell’Unione europea arriva in un momento complicato. Proprio il mais, infatti, ha subito importantissime ripercussioni dopo l’ondata di maltempo che ha colpito un’ampia fascia del territorio regionale nella serata del 24 luglio. La doppia grandinata ha mandato in fumo i raccolti e il prossimo anno si innesterà anche il problema delle limitazioni comunitarie alla produzione del granoturco.
Il settore del mais in Friuli Venezia Giulia copre un’area pari a circa 60mila ettari su tutto il territorio. La produzione lambisce le 250 tonnellate. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino