Operaio infedele si dimette, ​l'azienda ritira la querela per furto: prosciolto

VIA DALLO STABILIMENTO L’uomo ha lasciato il lavoro e la Zetaesse ha ritirato la querela con le accuse
TREVISO - Il dipendente infedele rischiava una condanna fino a cinque anni di carcere per furto aggravato e invece, grazie ad un accordo sulla base del quale è stata...

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TREVISO - Il dipendente infedele rischiava una condanna fino a cinque anni di carcere per furto aggravato e invece, grazie ad un accordo sulla base del quale è stata ritirata la denuncia nei suoi confronti, ha evitato la stangata ed è stato prosciolto, pur essendo stato arrestato in flagranza di reato. E’ finita così l’avventura giudiziaria di un 43enne di Vedelago finito in manette a metà dello scorso settembre dopo essere stato beccato a rubare rame nell’azienda in cui lavorava. Difeso dall’avv. Dorella l’uomo è riuscito a convincere i titolari dell’azienda, la “Zetaesse” di Vedelago, a ritirare la denuncia firmando una lettera di dimissioni volontarie. Al giudice non è rimasto altro che prendere atto della mancanza di presupposti per la prosecuzione del processo e il ladro ha potuto andarsene dal Tribunale da uomo libero.

 
Il 43enne era stato individuato tre settimane fa dai carabinieri che stavano indagando su una serie di furti presso la “Zetaesse” di via Vicenza. Dal magazzino, lamentavano i titolari, erano stati portati via a più riprese numerosi rotoli di rame, materiale di scarto della lavorazione destinato però ad essere riciclato. Centocinquanta i chili “scomparsi” in poco tempo, probabilmente destinati al mercato nero. Il ladro era stato colto con le mani nel sacco durante un appostamento: era stato visto uscire dal posto di lavoro con un zaino sulle spalle e una volta aperta la borsa i militari dell’Arma ci hanno ritrovato dentro la bellezza di 4 chilogrammi di rame. Durante una perquisizione a casa sono poi stati rinvenuti altri 11 chili.

«Dovevo risistemare l’impianto di condizionamento, ho pensato di utilizzare quel materiale di scarto, non pensavo fosse un problema» ha detto per difendersi dall’accusa di furto. Una giustificazione che non ha retto e così, con alle spalle anche un procedimento penale per rapina, il “dipendente infedele”, sposato con figli, si è ritrovato alla sbarra e di fronte all’incubo di poter finire davvero in carcere dato che a causa dei suoi precedenti non avrebbe potuto contare sulla sospensione condizionale della pena in caso di condanna. Con una comunicazione ufficiale dei datori di lavoro gli era stata peraltro anticipata la decisione di adottare provvedimenti disciplinari che sarebbero poi approdati ad una procedura di licenziamento per giusta causa. Il suo legale è invece riuscito a “patteggiare” con la parte offesa a cui, in cambio della remissione di querela, sono state offerte le dimissioni volontarie. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino