VENEZIA - Nel Movimento 5 stelle ora tiene banco la diaria. Trattasi dei 4.500 euro forfettari che spettano a ciascun consigliere regionale, ma che il M5s in campagna elettorale...
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Quello su cui la base del M5s insiste è che i soldi dovrebbero essere restituiti alla Regione, tanto più che il Veneto è all’avanguardia nel settore della restituzione degli emolumenti: in base all’articolo 8 ter della legge regionale 5/1997 è infatti possibile restituire i soldi come pattuito con gli elettori del Veneto.
Il punto, però, è che i consiglieri regionali pentastellati non riconoscono la legittimità dell’assemblea di Marcon (dei cinque era presente solo Patrizia Bartelle) e manco considerano le accuse emerse in quella sede. Nessuno dei 5 eletti risponde ufficialmente, lasciando intendere che saranno gli avvocati a parlare per loro anche perché le accuse lanciate nell’assemblea di Marcon sarebbero prive di fondamento. Ossia: per la diaria - fanno sapere - non ci sono tetti di 2.250 euro, ma solo la rendicontazione, quindi è possibile spendere anche tutti i 4.500 euro purché a fronte di scontrini e ricevute. Il programma elettorale diceva 2.250 euro? Risposta: bisogna vedere se è il programma vero. E qui si capisce che la tensione è alle stelle. La strategia, tra l’altro, di tacere è quella che consente di non alimentare ulteriormente la polemica, lasciando che il tritacarne mediatico si concentri sulle vicende capitoline della giunta Raggi.
Ma tra gli attivisti del M5s veneto continua comunque la raccolta di firme per "processare" gli eletti con il cosidetto "recall" - si parla di 300 sottoscrizioni già raccolte - e soprattutto mandare a casa il capogruppo Simone Scarabel e la vice Erika Baldin colpevoli di aver chiesto l’assegno di fine mandato dopo aver firmato varie proposte di legge che invece ne prevedevano l’abolizione (una di Jacopo Berti il 28 ottobre, una di Patrizia Bartelle il 30 marzo, salvo poi il giorno dopo esercitare l’opzione per ottenere a fine legislatura il Tfr) e stare zitti fino ad agosto, quando sempre la Bartelle presentò un ricorso al Tar per avere i nominativi di chi a Palazzo Ferro Fini aveva chiesto l’assegno.
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Il Gazzettino