Diagnosi sbagliata, muore di polmonite: Fatebenefratelli condannato a risarcire un milione a moglie e figli

Fatebenefratelli Venezia
VENEZIA - È morto a causa di una diagnosi errata, conseguente alla mancata effettuazione di un esame strumentale che avrebbe potuto accertare che il paziente aveva...

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VENEZIA - È morto a causa di una diagnosi errata, conseguente alla mancata effettuazione di un esame strumentale che avrebbe potuto accertare che il paziente aveva contratto una polmonite interstiziale bilaterale. L'ospedale Raffaele Arcangelo - Fatebenefratelli di Venezia, è stato condannato a risarcire oltre un milione di euro alla vedova, ai figli e alla npote di un settantaduenne veneziano, da tempo residente ad Oriago, deceduto il 4 febbraio del 2020 all'ospedale dove si trovava ricoverato da metà gennaio.


La sentenza è stata emessa dalla giudice Silvia Franzoso, nell'ambito della causa civile promossa dai familiari della vittima, assistiti dall'avvocato Enrico Cornelio. La struttura sanitaria potrà presentare appello, ma la decisione è immediatamente esecutiva.

LA CONSULENZA TECNICA
Decisiva ai sensi della decisione del Tribunale è stata la consulenza tecnica che ha evidenziato gli errori commessi dalla strattura sanitaria, primo fra tutti la mancata esecuzione di una radiografia al torace, esame programmato ma mai effettuato, senza alcuna giustificazione. L'uomo non aveva contratto il covid, ma una "semplice" polmonite che, se trattata in maniera adeguata, con terapia antibiotica, poteva essere superata.
Ma i sintomi manifestati dal settantaduenne furono evidentemente sottovalutati: sia la febbre che iniziò a comparire il 21 gennaio, sia il fatto che avesse espettorato sangue, sia il progressivo crollo della saturazione dell'ossigeno nel sangue, passata dal 94 all'80 per cento. L'uomo fu sottoposto da una terapia antibiotica, ma non adeguata al caso, fino all'embolia polmonare risultata fatale.


Il paziente era stato trasferito al Fatebenefratelli dall'ospedale civile con diagnosi di insufficienza respiratoria, ma ciò non spinse i sanitari a fare gli accertamenti necessari, il che «denota uno scarso impegno almeno ad ipotizzare una causa peraltro ben evidenziabile», scrive il consulente medico legale della giudice, secondo il quale una diagnosi tempestiva, un'adeguata idratazione e una terapia antibiotica avrebbe garantito chances di sopravvivenza superiori al 50 per cento.
Quanto accaduto è imputabile «esclusivamente ad una condotta colposa dei sanitari della struttura ospedaliera - conclude la giudice - in particolare nella mancata diagnosi di polmonite rispetto all'insorgenza dei sintomi e quindi della complicanze multiorgano verificatesi».


«La sentenza del tribunale non ci può restituire il nostro caro, ma ha certamente restituito dignità e giustizia alla ingiusta e prematura scomparsa di un uomo che era nostro marito, padre e nonno», hanno dichiarato i familiari.

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Il Gazzettino