Derivati, una zavorra da 850mila euro: li dovrà pagare il Comune alla banca in tre anni

Il municipio di Rovigo
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ROVIGO - Cosa avrebbe potuto fare il Comune di Rovigo con oltre 4 milioni in più nelle proprie casse? La domanda non ha una risposta perché quella cifra, che il Comune sta pagando in rate annuali, viene spesa per gli interessi passivi legati ai derivati. L’ultimo bilancio di previsione, approvato dal consiglio il 28 febbraio, portava con sé, in allegato, una nota integrativa contenente i dettagli del caso. A spiegarlo è l’assessore al Bilancio Roberto Tovo. «Nel 2022 il Comune ha corrisposto 270mila euro, mentre gli importi previsti dal 2023 al 2025 sono di poco più di 300mila euro all’anno». In sintesi, nel giro di quattro anni i derivati costano oltre 1,2 milioni. Soldi che l’amministrazione potrebbe utilizzare per servizi e opere, soprattutto in questo periodo di rincari, con i prezzi dell’energia alle stelle che gravano pesantemente sulle tasche di famiglie e aziende, ma anche del Comune. Quei soldi, invece, vanno dritti nelle casse del colosso del ceto bancario Banca Intesa Sanpaolo in virtù di un contratto di interest rate swap sottoscritto il 30 maggio 2007 e che scadrà il 31 dicembre 2025.


LA STORIA

A dare il via libera all’operazione sui derivati fu il consiglio comunale di allora che il 29 marzo di quell’anno, approvò «una proposta di gestione attiva dell’indebitamento, formulata da Banca Opi con Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo». Ne conseguì una determina dirigenziale datata 29 maggio con la quale è stato «sottoscritto un contratto di interest rate swap con Banca Opi e Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo, avente come passività sottostante iniziale l’importo di euro 6.996.457 pari al debito residuo al 01/01/2007 di mutui a tasso variabile, stipulati nel 2005 con Banca nazionale del lavoro e Banca Opi» e in cui si spiega che «l’operazione sottoscritta consiste nella rimodulazione del rimborso del capitale con conseguente liberazione di risorse sulla parte corrente del bilancio e l’inserimento di una protezione (collar) sul tasso di interesse con livelli di cap e floor in linea con le condizioni di mercato al momento vigenti, andando quindi a contenere il profilo del rischio connesso alla variabilità del tasso».
Mai operazione fu più controproducente. Perché i contratti di questo tipo, che nel primo decennio del secolo andavano di moda tra gli enti locali, hanno provocato buchi milionari nei bilanci con effetti che durano tuttora. E Rovigo, così come la Provincia, non fa eccezione. Palazzo Nodari ha sottoscritto due contratti di questo tipo: uno nel 2007 che sta ancora pagando e uno qualche anno prima, nel 2004, che consisteva nell’attivazione «con Banca Intesa un’operazione di rimodulazione dell’indebitamento attraverso l’uso di strumenti finanziari derivati, approvando le condizioni formulate da Banca Intesa nella proposta di contratto di swap “rimodulazione delle rate di debito da rimborsare con profilo di valore attuale costante” (duration swap) su una passività sottostante di mutui con Cassa depositi e prestiti, per un importo iniziale di euro 15.001.257» scaduto il 31 dicembre 2015. A fronte dell’ingente flusso di soldi in uscita, però, il Comune non è rimasto a guardare.

SENTENZE


Anche perché, nel frattempo, nel 2014 il Governo ha vietato questo tipo di contratti e il 12 maggio 2020 una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili ha stabilito che buona parte di quegli stessi contratti potrebbero essere nulli. Prima di arrivare alla sentenza del 2020, però, a Rovigo, nel 2015 l’allora amministrazione Bergamin si è rivolta alla una società di ingegneria finanziaria milanese, Martingale risk, che ha stilato una relazione tecnica «concernente l’analisi dei contratti swaps dalla quale sono emersi sia l’inadeguatezza degli stessi, rispetto all’obiettivo di ottimizzare il costo dell’esposizione debitoria del Comune, sia la presenza di costi impliciti a carico del Comune stesso». Nel 2017 Palazzo Nodari ha deciso di aprire un contenzioso con la banca, dopo alcuni tentativi di conciliazione falliti, «contenzioso - conclude Tovo - che attualmente è in fase di giudizio».
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Il Gazzettino