«Bella Mestre, non la conoscevo». I complimenti portano la firma di Francesco De Gregori, ospite ieri sera in piazza Ferretto del Festival della Politica per...
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A moderare l'incontro con il cantautore il capo dell'edizione di Venezia de "Il Gazzettino" Tiziano Graziottin che ha stimolato De Gregori nell'illustrare i contenuti del libro. Un uomo che si considera prima di tutto un artista. «Lo sono perché lavoro con un materiale che ha a che fare con le emozioni. La parola non mi fa paura. Artista è uno che crea: scienziati e filosofi cercano la verità, come lo fanno gli artisti come me. Ma poi sono un chitarrista e tante altre cose. L'uomo è qualcosa di imperfetto che dovrebbe imparare ad accettare la sua imperfezione. 35 anni fa forse avrei scritto un libro diverso il cui titolo nasce da una canzone. Un titolo caotico in cui si va da un concetto all'altro e poi si ritorna sopra allo stesso».
Dialoghi franchi, ruvidi, "Passo d'uomo" è un piccolo viaggio nella vita di De Gregori. «Il confronto con Francesco si è basato su una libertà assoluta - ha spiegato Gnoli - Non è una biografia, ma nemmeno un libro intervista. È un'opera nata giorno dopo giorno senza vincoli ma con grande franchezza».
De Gregori e il suo carattere. «Crescendo con l'età si perdono alcune peculiarità, come la ricerca della riservatezza ipertrofica. Chi fa questo mestiere spesso è tentato di dimenticare la differenza che c'è tra sotto e fuori i riflettori. Sono stato un animale abbastanza particolare e in certi casi antipatico per alcuni. Ma io ho fatto questo libro perché certe cose sono fatte in prospettiva. Gnoli non è un intervistatore, scava nelle mie parole, al di là del valore, dei sì e dei no che si nascondono. Poi a 65 anni non è un bilancio ma un non nascondersi».
De Gregori e Lucio Dalla, De Gregori e la storia, De Gregori e il cinema. «L'ultimo tour assieme a Lucio risale al 2010: lo avevo mirato e ammirato perché riusciva ad avere un rapporto di grande affettuosità con il suo pubblico: si fermava per strada non solo a farsi fotografare ma anche a parlare. Ho capito che potevo farlo anche io. Sono debitore a Lucio di una condotta di vita professionale che prima non conoscevo».
Raffaele Rosa Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino