A 40 anni dalla prima edizione, 10 dal trasferimento dall'Africa al Sud America, la Dakar continua a perdere pezzi, eppure il fascino del rally più massacrante del...
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La conferma del fascino della Dakar viene da Fernando Alonso, che vorrebbe partecipare nel 2020 con la Toyota. Del resto, la vittoria del connazionale Carlos Sainz papà dell'omonimo pilota che sostituirà proprio Alonso sulla McLaren in F1 a oltre 55 anni, ha alzato il senso della sfida tra gli assi del volante. Tra i quali spopolano i grandi nomi del Mondiale rally di ieri (Sainz) e di oggi come Sebastien Loeb, che dopo la Dakar 2019 tornerà a disputare il Mondiale di cui era stato padrone con 9 titoli consecutivi. Farlo dopo aver vinto la corsa più massacrante e pericolosa che nella propria storia ha ucciso 28 piloti e non ha risparmiato neppure il suo fondatore Thierry Sabine, il cui elicottero cadde in Mali nel 1986 avrebbe un sapore differente. Lima, da dove scattò la gara 2018, questa volta sarà sia punto di partenza (lunedì, dopo le verifiche dell'Epifania) che d'arrivo (il 17 gennaio), per un rally che per la prima volta resterà all'interno dei confini di un unico Paese, il Perù.
IL PERCORSO
Dieci tappe, 5.500 km quasi tutti sulla sabbia, con le cinque categorie - auto, moto, camion, quad, Utv che porteranno in corsa 334 equipaggi. La corsa delle auto sarà la più seguita, con Sainz (Mini) e Loeb (Peugeot), ma anche con mr. Dakar Stéphane Peterhansel (Mini), il francese che vanta il record di successi con 13, sei in moto e 7 e in auto.
Tra le due ruote, la sfida sarà soprattutto tra le Case: Matthias Walkner, Toby Price e Sam Sunderland difenderanno la striscia positiva della Ktm, imbattuta da quel 2001 in cui l'indimenticato Fabrizio Meoni regalò al team austriaco lo storico primo successo. Il toscano, uno dei grandi specialisti italiani della Dakar dove raccolse l'eredità dell'udinese Edi Orioli, è stato uno dei 2 piloti ad aver vinto la Dakar prima di perdervi la vita. Due volte trionfatore, Meoni è stato anche l'ultimo capace di far sventolare il tricolore, nel 2002, per un digiuno alla Dakar che rischia di continuare a lungo.
OUTSIDER ITALIANO
La spedizione italiana, infatti, parte senza ambizioni di vittoria, anche se tra le moto il lombardo Jacopo Cerutti (Husqvarna) è uno degli outsider. Chi ha già vinto, però, è Nicola Dutto, che durante la corsa compirà 49 anni. Il piemontese sarà il primo pilota paraplegico a prendere parte alla Dakar tra le moto. Da quell'incidente nel corso dell'Italian Baja del 2010, a pochi metri dal fiume Tagliamento, Dutto non si è mai arreso, se è vero che sin dal 2012 ha ripreso a correre i rally in moto, con l'obiettivo di poter correre la Dakar. Lo farà in questo 2019 con la Ktm, e non è un caso che sul suo profilo, il titolo sia: Non ho paura di niente. «Sarò più o meno legato alla moto ha detto ma non sarò solo: ci saranno altri 3 piloti, Paolo Toral, Victor Rivera e Julian Villarrubia, che mi scorteranno, uno davanti, uno accanto e uno dietro di me. Sarà un lavoro di squadra».
Storica anche la partecipazione di Lucas Barron, 25enne peruviano che sarà co-pilota per suo padre Jacques su una Utv Polaris. Lucas sarà il primo uomo con sindrome di down ad affrontare la corsa. L'unica che può immortalare storie come le loro.
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Il Gazzettino