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VENEZIA - «Ho sempre fatto impresa, ora siamo alla disfatta di Caporetto». Giovanni Soggiu, titolare del ristorante pizzeria Fuori rotta in campo Santa Margherita, soppesa il bilancio e alza le mani. «Le mie prospettive sono pessime – sentenzia – aprire adesso significa farsi male». Il suo locale è chiuso dall’Aqua granda di novembre 2019. Dopo un anno, Soggiu ancora brancola nell’incertezza logorante che a Venezia sta mettendo al tappeto la piccola e media impresa. «Non c’è nessuno a cui offrire un servizio mentre i costi da fronteggiare sono tanti e corrono»
La testimonianza dell’imprenditore è la voce di quelli che dal primo lockdown, addirittura dall’acqua alta del 12 novembre 2019, non hanno più riaperto o hanno riaperto a singhiozzo «Abbiamo chiuso il 4 novembre quando di solito iniziamo le ferie dopo l’Immacolata - racconta Matteo Chiozzotto del ristorante Da Gianni sulle Zattere – e fino a marzo probabilmente non ne verremo fuori». Nell’economia lagunare la ristorazione occupa infatti tanta parte del settore commerciale. «Volevamo andare avanti tutto novembre – spiega Giorgio Carrettin, titolare della Locanda Montin a Dorsoduro - invece dal 25 ottobre aspettiamo che passino le vacanze. Per come stanno le cose – prosegue - non conviene nemmeno avviare la macchina». Riguardo ai ristori il parere è unanime. Lo stesso vale per la sensazione di abbandono che emerge. «Lo stesso credito d’imposta Cura Italia – sottolinea il titolare, per cui ogni aiuto ben accetto non copre l’effettivo disagio - ha senso se esteso a tutto l’anno. Anche far fronte alle rate sennò diventa impossibile». «I proprietari dei fondi poi sono intoccabili – aggiunge Carrettin – come il governo ci ha imposto delle regole, dovrebbe intervenire anche sugli affitti».
Chi non incontra il favore del locatario ne esce doppiamente svantaggiato. “Venezia è morta senza turismo”, Benedetta Fullin, titolare insieme al fratello Luca del ristorante Local in Salizada dei Greci e del ristorante Wildner, nella storica pensione in Riva degli Schiavoni, ha le mani legate. «Senza cena e memori del primo lockdown, il 1.novembre abbiamo chiuso». Il ristorante della pensione invece, per ora resiste a pranzo durante i fine settimana. L’insicurezza però annichilisce, soprattutto dove l’altissima qualità del servizio richiede una preparazione che senza clientela non rientra nemmeno dei costi. «Mi preoccupo per i ragazzi della mia squadra. Quanto durerà la cassa integrazione»? A tirare le fila della protesta veneziana è Ernesto Pacin, segretario dell’Associazione esercenti pubblici esercizi. «Stiamo vivendo un dramma, una sofferenza economica e sociale. Come se non bastasse le imprese solo lasciate sole in questa burrasca». L’associazione, come punto mediano fra il travaglio accusato dai suoi affiliati e le direttive in merito espresse dal Governo, tenta a fatica di elevarsi a uno sguardo d’insieme. «Sul piatto interventi significativi e con effetti di lunga durata, come la sospensione dei costi reali e fissi, tasse e affitti in primis, per un lasso di tempo ragionato. Non misure a piccolo cabotaggio».
Non manca tuttavia una voce fuori campo. È quella di Mauro Lorenzon, proprietario della storica enoteca La Mascareta in calle lunga Santa Maria Formosa. «Ho chiuso il mio locale per riaprirne uno nuovo a Castello».
Il Gazzettino