Croupier licenziato dopo un commento su Facebook: vince la causa contro il Casinò e torna al lavoro

Croupier licenziato dopo un commernto in Facebook fatto riassumere dal tribunale
MESTRE - Licenziato per un commento su Facebook, ma le sue parole erano state mal interpretate. Il casinò di Venezia dovrà, quindi, riassumere il croupier che aveva...

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MESTRE - Licenziato per un commento su Facebook, ma le sue parole erano state mal interpretate. Il casinò di Venezia dovrà, quindi, riassumere il croupier che aveva cacciato la scorsa estate. A imporlo, il giudice del Lavoro di Venezia con una sentenza pubblicata nei giorni scorsi.


La vicenda risale a luglio: il 31 luglio l'uomo aveva commentato un articolo dal titolo "Venezia, al via un corso per croupier: ci sono 60 posti, costa duemila euro". Nell'articolo si parlava di un corso di formazione del Casinò rivolto a esterni interessati a imparare la professione, appunto, del croupier. Tra i commenti quello di un utente: "Duemila euro regalati e neanche la certezza che ti assumano". Commento a cui, l'uomo, dipendente della casa da gioco veneziana, aveva risposto: «Posso solo dire che hai ragione e con questo chiudo. Dilettanti allo sbaraglio con un potere enorme».
Un commento che all'uomo era costato il posto di lavoro: l'azienda, infatti, l'aveva licenziato in tronco. Il dipendente a quel punto si era affidato a un legale, l'avvocata Livia Cornelio, che aveva impugnato il provvedimento chiedendo chiaramente la reintegra del posto di lavoro e un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione. «Il mio cliente - spiega la legale - non si riferiva al permaloso datore di lavoro bensì ai partecipanti al concorso».

LA CONDANNA
Il giudice del Lavoro Chiara Coppetta Calzavara, ritenendo che non vi fosse la proporzionalità tra l'episodio imputato e il licenziamento e che non vi fossero, peraltro, i presupposti per la diffamazione, ha quindi condannato il casinò. «Non si evince - scrive la giudice nel suo dispositivo - che la valutazione di proporzionalità della sanzione conservativa rispetto al fatto in oggetto di addebito disciplinare debba essere necessariamente espressa a mezzo di una rigida tipizzazione della condotta che può essere punita con una sanzione conservativa. Non si evince alcun ragionevole richiamo».


La casa da gioco, dunque, dovrà reintegrare il dipendente, pagare un risarcimento pari a 12 mensilità della retribuzione e le spese legali del procedimento.
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Il Gazzettino