Gli operai sono introvabili ma le paghe offerte sono da fame. La Cgil: «Anche meno di mille euro al mese»

Operai al lavoro
Da una parte ci sono i “capitani” d’azienda, che di fronte a commesse “vinte” nel 2021 cercano operai per portare a casa i frutti del lavoro...

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Da una parte ci sono i “capitani” d’azienda, che di fronte a commesse “vinte” nel 2021 cercano operai per portare a casa i frutti del lavoro commerciale. Dicono che non ne trovano, che i giovani rifiutano i turni, le giornate lunghe e faticose, le notti. Puntano il dito tentando di spiegare un fenomeno che sta mandando in tilt il rapporto tra la domanda e l’offerta di lavoro. Dall’altra parte della staccionata (che poi diventa barricata) ci sono quelli che il dito ce l’hanno puntato, cioè gli operai stessi. I capitani d’azienda, senza girarci attorno, riescono a garantire a questi ultimi una paga attraente o parte del problema risiede anche lì? Nel giorno dei lavoratori la risposta arriva dal segretario regionale della Cgil, William Pezzetta. Ed è senza appello, oltre che visceralmente sindacale. «Le aziende cercano giovani e non ne trovano? È vero, ma spesso parliamo di salari bassissimi». 


L’ATTACCO


Apprendistati che non finiscono più, prorogati fino all’ultima finestra disponibile. Tirocini con paga da fame. «Molto spesso - attacca Pezzetta - la ricerca del giovane operaio da inserire in fabbrica e più in generale in azienda è vista nell’ottica di pagarlo il meno possibile. I contratti sono i meno onerosi. E non sorprendiamoci, allora, di vedere i giovani scappare all’estero anche per questo tipo di mestiere: ci sono Paesi dell’Unione europea nei quali dall’introduzione dell’euro come moneta unica i salari sono raddoppiati. Da noi sono raddoppiati solo i prezzi, ma gli stipendi sono rimasti gli stessi». Ma servono numeri, per non rimanere nel campo dell’attacco e della parata e risposta in stile scherma. E Pezzetta questi numeri ce li ha sotto mano tutti i giorni, nel vasto panorama industriale della nostra regione. «Nei settori più deboli, che hanno bisogno di manodopera giovane spesso non qualificata, si arriva a scendere anche al di sotto dei mille euro al mese». Viene da pensare che di questi tempi bastino un paio di bollette e un affitto per bruciare in cinque minuti lo stipendio di un duro mese di lavoro da vivere magari in fabbrica, magari con i turni di notte. 


LE DIFFICOLTÀ


Nel giorno dedicato alle fatiche e alle conquiste dei lavoratori, si capisce come ci sia ancora una marea di lavoro da fare. L’assenza della manodopera in diversi settori è un fatto incontrovertibile. Dalla ristorazione all’industria, perfino nella medicina: il fenomeno lo denunciano tutti. Dopo ogni “strillo”, però, si torna sempre lì: tanti “scappano” da determinate professioni anche per ragioni prettamente economiche. E se si ha una famiglia, una casa e una macchina, non sono affatto ragionamenti peregrini. È vita concreta, sono calcoli di tutti. 
«Il problema dei salari - torna in campo Pezzetta - è enorme e sempre attuale. Mettiamoci nei panni delle persone: se hai la famiglia che ti aiuta alle tue spalle, allora ce la fai. Altrimenti, con un affitto da pagare, diventi semplicemente povero lavorando. Ed è inaccettabile. Diventa difficile immaginare un futuro ed è una condizione comune a molte persone. La verità è che una parte delle aziende costruisce il proprio stare al mondo e il proprio successo abbattendo solamente il costo del lavoro. Non ci meravigliamo, allora, se magari i giovani scelgono di percorrere altre strade». Dai cuochi ai camerieri, dai giovani tirocinanti che sognano di diventare medico di base agli operai non specializzati. Il distacco tra lo stipendio ritenuto accettabile da chi deve progettare un domani e l’offerta economica presentata dopo un colloquio resta ampio. E se ne va tra poche ore un altro Primo maggio. 

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Il Gazzettino