Allarme bitcoin, il generale Mainolfi: «Utilizzati per il riciclaggio. Un'impresa di pulizie di Padova produceva criptovalute»

Allarme bitcoin, il generale Mainolfi: «Utilizzati per il riciclaggio. Un'impresa di pulizie di Padova produceva criptovalute»
VENEZIA - Allarme criptovalute e malaffare in Veneto. «Abbiamo trovato a Padova un'impresa nel settore delle pulizie che consumava energia elettrica come la...

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VENEZIA - Allarme criptovalute e malaffare in Veneto. «Abbiamo trovato a Padova un'impresa nel settore delle pulizie che consumava energia elettrica come la Fiat a Torino. Utilizzava l'energia elettrica per una serie di calcolatori in batteria con lo scopo di produrre bitcoin». A parlare, il comandante della Guardia di Finanza del Veneto Giovanni Mainolfi. Il generale - a margine della presentazione a Venezia del protocollo legalità per la tutela dell'economia veneta firmato da GdF, Università Ca' Foscari, Infocamere, Unioncamere e ora ampliato a Intesa San Paolo e Inps - ha spiegato come criminalità economica e nuove tecnlogie vadano sempre più a braccetto. E le criprovalute sarebbero sotto la lente d'ingradimento dei finanzieri. "Spesso utilizzate - spiega Mainolfi - in operazioni di riciclaggio".

Il generale spiega perché occorre prestare molta attenzione al mondo di blockchain e bitcoin: «Le cripotvalute nascono nel darkweb. Si tratta di un mondo a cui tutti potrebbero accedere in teoria, ma in realtà ad accedere sono solo navigatori esperti. Questo ci deve far pensare. Io faccio riferimento a quanto detto da Christine Lagarde: 'Le criptovalute sono solo un grande rischio'. Questo perché non c'è un'autorità regolatrice. La Banca d'Italia non fa altro che sottolineare il grande rischio ditero questi mezzi virtuali. Nascono spontaneamente sul mercato da coloro che sanno utilizzare la blockchain. Funzionano perché c'è qualcuno disposto a mettere euro. Spesso sono utilizzate per il riciclaggio. Avvenendo infatti tutto nel darkweb c'è maggiore possibilità di rimanere all'oscuro dell'autorità».

Continua il generale: «Le criptovalute che vengono sequestrate e che quindi rapprasenterebbero entrate per lo Stato sono estremamente difficili da convertire in valuta. Abbiamo portafogli di criptovalute che non si sa quanto valgono in teoria. Ma hanno valore se qualcuno ci mette i soldi o se li prende. Ma siamo sicuri che chi ha comprato un bitcoin da 30mila euro riesca a venderlo a 30mila euro?».

Conclude Mainolfi: «Produrre un bitcoin costa migliaia di euro. C'è un numero limite di bitcoin che si possono produrre in assoluto e man mano che ci avviciniamo a quel numero la produzione costa di più. In questi giorni i bitcoin hanno conosciuto un collasso del 30%, questo mostra il rischio di questa criptovaluta. La mia esperienza con questo strumento mi porta ad avvicinare il fenomeno alla criminalità».

 

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Il Gazzettino