Code e proteste ai centri vaccinali di Treviso: «Anziani in attesa per ore sotto il sole»

TREVISO - Un’altra giornata di caos nei centri vaccinali. Ieri pomeriggio migliaia di anziani con più di 80 anni e persone fragili per patologie, ma anche 70enni...

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TREVISO - Un’altra giornata di caos nei centri vaccinali. Ieri pomeriggio migliaia di anziani con più di 80 anni e persone fragili per patologie, ma anche 70enni convocati via sms all’ultimo minuto, hanno atteso il loro turno per l’iniezione anti-Covid davanti alla sedi allestite dall’Usl. In coda anche per più di due ore, senza nemmeno la possibilità di sedersi. Mantenere i distanziamenti è stato praticamente impossibile. E alcuni hanno rinunciato al vaccino, preferendo far ritorno a casa. È successo nel polo di Lughignano di Casale sul Sile, così come in quello di Villorba e di Riese. E non sono mancati i problemi neppure al Ca’ Foncello. In molti casi gli sms di convocazione inviati dall’Usl della Marca sono arrivati solo poco prima della chiamata. Gli anziani si sono precipitati nei centri. E il sistema è andato in tilt. Tanto che, nel tardo pomeriggio, non si sono più vaccinati gli accompagnatori over65.


LE TESTIMONIANZE
«Mia madre, affetta da morbo di Parkinson, è stata convocata a Casale, tramite Sms, per la somministrazione del vaccino – spiega l’avvocato Matteo Rigo – l’appuntamento era per le 18.50. Ma una volta giunta sul posto, assieme a una persona che la assiste, ha trovato 300 persone in attesa davanti a lei. Non è corretto – aggiunge – non ultimo, per l’assembramento di persone che si è venuto a creare e per la tutela delle persone fragili, come mia madre». Molti hanno vissuto gli stessi problemi. «Mi hanno mandato un messaggino alle 14 per presentarmi alle 18 – racconta un 70enne – appena arrivato mi hanno dato un numero: il 330. E dopo un’ora e mezza si era solo a metà strada: al 170». Il polo vaccinale predisposto giusto una settimana fa nel centro sportivo culturale San Martino di via Chiesa a Lughignano è stato quello che ha registrato più difficoltà. «C’erano persone accalcate davanti all’ingresso, con le macchine che passavano tra la gente – continua il 70enne – e non c’era nemmeno un megafono per chiamare i numeri. Non vorrei essermi preso il Covid proprio in questa circostanza». 


IL PROGRAMMA
Ieri è intervenuto anche il sindaco Stefano Giuliato: «Sono state chiamate troppe persone ed è andato tutto in tilt – spiega – abbiamo distribuito i numeri per capire quanta gente era effettivamente presente. C’erano molti anziani. La preoccupazione maggiore era proprio per loro. Eravamo in pochi e abbiamo faticato a gestire gli assembramenti». L’Usl aveva in programma di montare una tensostruttura con delle sedie per permettere ai cittadini in coda di potersi riposare. Ma con il vortice di impegni di questo periodo non si è fatto in tempo. Le sedie ieri sono state portate direttamente dai volontari. Così come le bottigliette d’acqua. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, la polizia locale e la protezione civile, sia di Casale che di Mogliano. Infine, ci sono stati contrattempi anche al Ca’ Foncello. «Mia suocera del 1933 ha atteso in coda, in piedi, per oltre un’ora – conclude Maria Valeria Grando – aveva appuntamento alle 17, ma era in fila con gente che doveva entrare alle 15. E alla fine ha dovuto rinunciare al vaccino». 
L’ALTRO FRONTE


«C’era tantissima gente e, quando sono entrato, non mi hanno nemmeno rilevato la temperatura». Così Arturo Truccolo, di Montebelluna, racconta la situazione nella quale si è trovato ieri pomeriggio, a Vidor. Una situazione, a suo avviso di pericolo, di fronte alla quale ha scelto di andarsene, senza che il papà avesse ricevuto il vaccino e non prima di aver avvisato i carabinieri. «Oggi alle 16,10 - racconta - ho portato mio padre di novant’anni a fare il vaccino a Vidor; sono entrato dall’ingresso più vicino al parcheggio perché mio papà ha problemi nella deambulazione; forse era un passaggio laterale ma sta di fatto che non c’erano transenne ed eravamo almeno una quindicina tutti vicini. Nessuno controllava la temperatura e non è stato applicato nei nostri confronti nessun protocollo di sicurezza come succede invece negli ospedali». Non solo. «Mi è stato detto che bisognava aspettare in quello stanzone almeno per un’ora (dal mio punto di vista anche molto di più). Per questo ho preferito ricaricare in auto mio padre e riportarlo a casa. Ha tante patologie, finora è riuscito a non prendersi il covid e secondo me quella era una situazione di rischio». Il tutto per problemi organizzativi. «Hanno convocato un numero doppio di persone rispetto alla settimana prima. Non si può lavorare così e per questo ho subito segnalato quanto stava accadendo ai carabinieri di Vittorio Veneto».

 

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Il Gazzettino