La proposta di Padrin: «Vaccinazione di massa per tutto il bellunese»

Il presidente Padrin nel corso di una conferenza stampa per la giornata delle donne
 «La vaccinazione di massa per l’intera provincia potrebbe essere una soluzione auspicabile, se ci fossero scorte sufficienti». Il giorno dopo il rifiuto,...

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 «La vaccinazione di massa per l’intera provincia potrebbe essere una soluzione auspicabile, se ci fossero scorte sufficienti». Il giorno dopo il rifiuto, firmato dal presidente dell’Unione montana Comelico, Giancarlo Ianese, («Non siamo diversi dal resto del Veneto, vaccinare prima noi equivarrebbe a etichettarci come un lazzaretto») a far uscire il territorio dall’impasse è il presidente Roberto Padrin che, pur ammettendo di attendere fiducioso le indicazioni sanitarie, si dice favorevole ad avviare sul suo territorio una campagna vaccinale (a tappeto) appena possibile.


I VANTAGGI
«Vaccinare tutto il nostro territorio, su base volontaria - analizza il presidente - permetterebbe di risolvere le questioni localistiche rendendo tutta la provincia covid free in tempi celeri. Questo potrebbe, da un lato alleggerire la pressione sanitaria e dall’altro, far ripartire il turismo che dopo dieci mesi vissuti tra angoscia e rinvii potrebbe guardare con maggiore serenità alla stagione estiva. È innegabile - prosegue Padrin che la nostra provincia abbia pagato già un prezzo estremamente elevato al contagio, la seconda ondata è stata particolarmente aggressiva e gli effetti drammatici sono stati limitati solo dalla grande dedizione del personale sanitario a cui deve andare il nostro riconoscimento».
CAPACITÀ
La macchina della sanità bellunese, tra l’altro, ha dimostrato di avere ottime capacità di organizzazione nelle vaccinazione: i drive in di medici e delle diverse categorie si sono rivelati un’ottima soluzione. Proprio a Belluno è emersa per la prima volta la capacità di estrarre dai flaconi di vaccino Pfizer fino a sette dosi, grazie alle capacità del personale. A rendere percorribile la possibilità avanzata da Padrin è anche un altro dettaglio: i numeri contenuti. I poco più di 200mila bellunesi potrebbero rappresentare un bacino ideale se si decidesse di immunizzare un’intera area.
IL NODO

Prima di una campagna vaccinale a tappeto in provincia di Belluno bisogna però risolvere una questione centrale: la scarsità di vaccini. Di recente alle Regioni sono arrivate indicazioni di dare fondo alle scorte centralizzando a livello nazionale il magazzino di sicurezza, necessario a fornire le seconde dosi in caso di inceppamento della linea di fornitura. Una decisione che in provincia di Belluno non ha ancora trovato completa attuazione. Le convocazioni per classe d’età avvengono infatti attraverso le lettere, inviate con tre settimane d’anticipo per non rischiare di impattare contro le difficoltà di recapito. Ma a cambiare radicalmente l’inerzia della chiamata al vaccino nelle prossime settimane potrebbe essere il vaccino di Johnson & Johnson che proprio giovedì potrebbe ottenere il disco verde dell’Ema (l’agenzia europea del medicinale). Si tratta del più atteso dei vaccini: è il primo monodose (non necessita quindi di richiamo) e non ha bisogno della catena del freddo. Insomma un’arma in più nella lotta al virus. Da affiancare a Pfizer, Moderna e Astrazeneca. Ad ipotizzare una vaccinazione “chirurgica” era stato nei giorni scorsi il direttore del dipartimento di prevenzione Sandro Cinquetti che aveva individuato nell’area del Comelico una zona sufficientemente limitata in cui attuare il piano. Un’idea che non è però piaciuta al rappresentante dell’unione montana Ianese che ha sottolineato il rischio che la zona potrebbe correre ricevendo l’etichetta. La strada indicata da Padrin, pur richiedendo un gran numero di vaccini in più - in termini assoluti - vista in chiave regionale potrebbe non apparire così impervia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino