Green pass per i lavoratori di ristoranti e commercio: «Comparto a rischio stop»

Foto d'archivio di un controllo del Green pass all'ngresso di un ristorante
TREVISO - Il Green pass obbligatorio per i lavoratori rischia di creare non pochi problemi anche al comparto del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive, dove...

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TREVISO - Il Green pass obbligatorio per i lavoratori rischia di creare non pochi problemi anche al comparto del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive, dove non mancano dipendenti senza “certificato verde”. Non pochi sono stranieri dell’Est Europa, i più restii alla vaccinazione: cuochi, camerieri, baristi, commessi e addetti alle più svariate mansioni che da domani potrebbero mancare al lavoro. E che le attività, specie le più piccole, non sono in grado di sostituire. «Posta l’assoluta necessità di una decisione di questo tipo - spiegano dall’Ascom - bisogna considerare una politica di tamponi completamente diversa. Perchè rischiamo di fermare una parte del comparto». Da un lato dunque il tema dei lavoratori, soprattutto stranieri, che scelgono di dire no al vaccino. Dall’altro i clienti che non potranno più consumare all’esterno. «La soluzione non è scontata e pone comunque il tema del rallentamento di un comparto, quello del commercio legato a somministrazione e comparto alberghiero che nei mesi estivi è riuscito a ritornare a livelli pre-Covid» sottolinea Dania Sartorato, fiduciario Fipe


PERCENTUALI 

I lavoratori non vaccinati riflettono, con alcune oscillazioni per eccesso, la percentuale generale dei vaccinati. «Siamo di poco sopra al 20% per i lavoratori che non hanno fatto la profilassi - avverte Federico Capraro - ma il problema è il Green pass, che può essere ottenuto anche mediante tampone. Purtroppo approvvigionamento e modalità sono del tutto insufficienti a garantire lo svolgimento regolare del lavoro. Finchè permeano l’obbligo di un tampone ogni 48 ore sappiamo che a livello locale non è possibile coprire tutti i lavoratori non vaccinati». Il Presidente Ascom Treviso sottolinea come il problema si crei essenzialmente nelle aziende piccole. «Se nel mio ristorante il cuoco non è vaccinato, l’attività si ferma. E questo vale per tutte le professionalità non facilmente sostituibili». Il riferimento è alle cosiddette nanoimprese dove l’incidenza del non vaccinato è massimamente impattante. Una fotografia evidente del settore ristorazione e somministrazione. «C’è un po’ di caos, i telefoni squillano di continuo anche su cose che dovrebbero essere metabolizzate. Ciò che è di difficile attuazione è l’operatività - ammette Capraro, che aggiunge -: ci saranno senza dubbio servizi parziali». 


LA PROPOSTA

Le soluzioni? «Si potrebbe creare dei corridoi per i tamponi ai lavoratori dalle 6 alle 8 del mattino e dalle 18 alle 20 la sera. Come durante la pandemia abbiamo dato le priorità vaccinali alle fasce deboli, ora per i tamponi diamo la priorità a chi produce» suggerisce il presidente Ascom. Dania Sartorato conferma i timori: le piccole aziende e la ristorazione hanno almeno un dipendente non vaccinato. «Ci sono delle competenze che non sono di facile sostituzione. Ci si prepara ad affrontare questo venerdì, cercando di garantire la presenza dei ruoli chiave» conferma. Minori ansie si hanno sul fronte degli avventori. Per i clienti non vaccinati, con l’abbassamento delle temperature, si continuerà a lavorare tornando, probabilmente, all’asporto. 

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Il Gazzettino