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La comunità scientifica internazionale viaggia ormai verso il consolidamento di una convinzione. Può spaventare, ma se confrontata al destino di altre malattie infettive, si scopre non essere così rara, come conclusione della “storia”. Il Covid negli anni si avvicinerà sempre di più al concetto di malattia endemica. Stagionale, a cicli, ma presente. E i vaccini diventeranno il primo standard di difesa, da replicare però nel tempo. Con tutte le conseguenze del caso. Una dose l’anno, è lo scenario più probabile su cui gli esperti convergono nelle ultime settimane. E allora anche per il Friuli Venezia Giulia si profila una sfida titanica: mantenere in piedi la macchina delle somministrazioni non in forma emergenziale, ma come parte della normalità.
IL PIANO
La Regione conta di portare a termine la campagna di massa legata alla terza dose del vaccino contro il Covid entro la primavera. Ci sarà un momento di picco, coincidente con la scadenza dei cinque mesi dalla seconda somministrazione di chi si è immunizzato durante la scorsa estate, dopodiché lo sforzo calerà.
LA SANITÀ
«Nulla sarà più come prima - spiega il vicepresidente e assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi -. Il sistema è stato stravolto e bisognerà tenerne conto, anche per fronteggiare altre campagne vaccinali». Un sistema stravolto dall’emergenza, che dovrà abituarsi a una nuova routine. Ma che al momento non ha gli uomini per farcela, almeno non nel lungo periodo. Il primo problema da risolvere, quindi, sarà quello del personale. Già oggi, con la necessità di correre sulle terze dosi, la manodopera scarseggia. La strategia - questo è quello che filtra dai piani alti della Regione - sarà un’intensificazione sempre più penetrante della partnership tra pubblico e privato. Una sinergia che comporterà sì un costo a carico delle Aziende sanitaria, ma che come sta avvenendo a Pordenone (si veda l’apertura del polo vaccinale di Vallenoncello o altri accordi con la sanità convenzionata) consentirà di sgravare il comparto pubblico da un carico di lavoro altrimenti insostenibile.
GLI SPAZI
Il secondo problema riguarda le sedi vaccinali. Nella prima campagna si è puntato sui maxi-hub d’emergenza, come le Fiere o i palazzetti. Ma ora che la normalità si è fatta di nuovo spazio nella società, sarà necessario individuare strutture alternative (anche permanenti) per garantire cicli di immunizzazione anche per diversi anni, senza pesare sugli ospedali (che servono ad altro e devono tornare a fare altro) o sulle attività economiche. È un lavoro da impostare subito, per dimostrare di aver imparato la lezione numero uno della pandemia: anticipare i problemi, non rincorrerli.
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Il Gazzettino