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Mille volte, durante le manifestazioni contro il vaccino e il Green pass, si è sentito urlare improperi contro chi (media definiti “di regime”, poteri forti, ecc) si era “macchiato” (sempre secondo la pancia della protesta) di diffondere notizie false. Stavolta è accaduto il contrario: ad essere “accusati” di aver diffuso notizie false sono stati proprio i no vax. E il “giudice” si chiama Facebook. Nel mirino una delle pagine più chiacchierate, cioè quella pordenonese che si chiama “Pordenone per la verità”. Evidentemente, secondo l’algoritmo del più popolare social network al mondo, di verità tra i contenuti della pagina non ce n’era poi molta, dal momento che il profilo è stato limitato dopo quello che in gergo viene definito fact checking, banalmente controllo dei fatti.
LA DECISIONE
«La pagina - si legge nell’informativa di Facebook diffusa dagli organizzatori dello stesso gruppo no pass - è stata limitata per 90 giorni perché ha ripetutamente condiviso informazioni false. I post saranno spostati più in basso in modo che sia meno probabile che le persone li vedano». E ancora: «La pagina rischia di essere nascosta. Inoltre presenta una distribuzione ridotta e altre restrizioni a causa delle continue violazioni degli standard». Si tratta di un processo semiautomatico che colpisce in particolare chi diffonde notizie non verificate oppure risultate false dopo l’analisi incrociata dei “fact checker”, incaricati di verificare i fondamenti di un’informazione.
Secca e stizzita la replica di Laurent Corroy, anima “di spicco” del movimento no vax di Pordenone. «La censura di Facebook ha già cancellato la prima pagina, poi subito ricreata.
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Il Gazzettino