Fermati nella notte 16 migranti pakistani in autostrada: due erano positivi al Covid

Un gruppo di migranti
SAN VITO  - Sono arrivati dalla rotta Balcanica, su questo non c’è dubbio. E, dai primi accertamenti sarebbero tutti di nazionalità pakistana, uomini tra...

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SAN VITO  - Sono arrivati dalla rotta Balcanica, su questo non c’è dubbio. E, dai primi accertamenti sarebbero tutti di nazionalità pakistana, uomini tra i venti e i trent’anni , i sedici stranieri fermati nella notte tra mercoledì e ieri dai carabinieri e dalla polizia stradale. Il primo gruppo, il più numeroso, è stato trovato dagli uomini dell’Arma tra San Vito al Tagliamento e Azzano Decimo. Undici persone spaesate, infreddolite, probabilmente lasciate in mezzo al nulla da un trasportatore compiacente e, sicuramente ben pagato. Gli altri sono invece stati identificati dagli agenti della Polstrada mentre camminavano lungo l’autostrada A28, tra l’uscita di Azzano Decimo e quella di Villotta di Chions.


IN OSPEDALE


È stato necessario chiedere l’ausilio di altri mezzi per trasportare i sedici pakistani al Santa Maria degli Angeli, tappa obbligatoria per alcuni accertamenti medici legati al loro stato di salute, in virtù soprattutto dell’emergenza Covid. Due di loro sono risultati positivi al virus, mentre per gli altri quattordici è scattato il programma attivo da un anno sotto il coordinamento della prefettura. Dopo tutti gli adempimenti di rito, infatti, gli stranieri sono stati portati in una struttura dove potranno, assistiti dagli operatori della cooperativa Nuovi Vicini, trascorrere la quarantena seguiti e in tranquillità. «Si tratta di programma attivato da un anno per accogliere quanti arrivano dalla rotta Balcanica - ha spiegato il prefetto Domenico Lione -. Una procedura per mettere in sicurezza loro e tutti i residenti in provincia».


LA ROTTA BALCANICA


Un viaggio lungo, attraverso corridoi pericolosi dove la vita umana, specie se non “indigena”, vale poco. Mesi e mesi per arrivare nel sogno dell’Europa, che non è quasi mai l’Italia, in quanto il nostro Paese è considerato solamente una tappa intermedia obbligatoria prima di emigrare verso altre nazioni. Solitamente con loro hanno poche cose: l’unico lusso, ma non per tutti, è il telefonino se sono riusciti a salvarlo da tutti gli abusi che hanno vissuto. I viaggi della speranza non sono sono quelli affrontati a bordo di navi stracolme, dove la morte è in agguato. Ma anche quelli che costringono esseri umani ad attraversare a piedi centinaia di chilometri, trovando magari passaggi, pagati lautamente, per brevi tratte. I sedici pakistani arrivati l’altra sera nel pordenonese fanno parte delle migliaia di persone che stanno scappando da teatri di guerra, di estremismo religioso, di dittatura o di povertà. Persone che devono essere segnalate e identificate per garantire la loro e l’altrui sicurezza, visto che la pandemia detta ancora le regole dell’emergenza.

 

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Il Gazzettino