Covifìd, allo studio il maxi-focolaio internazionale che ha stretto il Fvg in una morsa. Ecco perché sono esplosi contagio e letalità

La mappa dei contagi
PORDENONE E UDINE - Un gigantesco focolaio, che non conosce e non riconosce i confini degli Stati. Un’unica macroregione colpita pressoché allo stesso modo dal...

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PORDENONE E UDINE - Un gigantesco focolaio, che non conosce e non riconosce i confini degli Stati. Un’unica macroregione colpita pressoché allo stesso modo dal contagio e per giunta con gli stessi tempi. Ma soprattutto un maxi-cluster che non accenna a spegnersi. Comprende Veneto, Alto Adige, Carinzia (il Lander austriaco più vicino all’Italia) e Slovenia. Nel mezzo, cioè nella morsa, c’è il Friuli Venezia Giulia, “bombardato” da Nord, Est e Ovest. Non è una semplificazione utile a spiegare la seconda ondata, ma un vero e proprio studio a cui sta lavorando anche il professor Fabio Barbone, numero uno della task force anti-Covid del Friuli Venezia Giulia. 


IL LAVORO

Da settimane, ormai, i numeri sono sul tavolo degli esperti: c’è alle spalle un lavoro condiviso tra infettivologi, epidemiologi, virologi. Si va dalla provincia di Bolzano alla Slovenia: tutti stanno “torturando” i numeri per farli parlare. E lo studio ora è atterrato anche sulle scrivanie del presidente Fedriga e del vicepresidente Riccardi: «Iniziamo ad avere evidenze certe - hanno spiegato i due massimi amministratori del Friuli Venezia Giulia - in merito a una correlazione tra i casi che registriamo nella nostra regione e quelli che si stanno verificando ormai da tempo nelle aree indicate dallo studio». Nel dettaglio, si sta cercando di conoscere con esattezza la relazione tra la crescita del contagio nei Paesi confinanti e quella registrata in seguito nell’area triveneta, con specifico riferimento a Fvg, Veneto e Alto Adige. Secondo le prime bozze dello studio coordinato, ad avere avuto un impatto significativo sulla progressione della seconda ondata in regione non sarebbero state tanto le vacanze estive, che hanno avuto effetti soprattutto in agosto e a inizio settembre, ma la circolazione delle persone attraverso i confini settentrionali e orientali. Il lavoro degli esperti, infatti, fa notare come l’incidenza del numero dei casi sulla popolazione sia schizzata verso l’alto prima in Austria e in Slovenia, con i primi picchi registrati già a fine ottobre. Si parla di tassi di incidenza ben superiori al 20 per cento sui tamponi effettuati, che in Slovenia si sono spinti anche oltre il 35 per cento. «Durante tutto questo periodo - ha spiegato Riccardi - la circolazione delle persone è rimasta possibile sia nella nostra regione che oltre confine». E gli scambi, in quest’area, sono infiniti. Transfrontalieri, turisti (anche solo del fine settimana), rapporti commerciali vivi da decenni. Il mix ideale per creare condizioni omogenee per la diffusione del contagio, che dopo aver invaso Carinzia e Slovenia ha varcato i confini, attaccando l’Alto Veneto (il famoso focolaio del Comelico), l’Alto Adige (la prima regione italiana a varare misure più restrittive rispetto a quelle nazionali) e il Friuli Venezia Giulia. E oggi, infatti, i Comuni che maggiormente risentono dell’aumento del contagio e della sua incidenza si trovano proprio lungo la fascia più vicina al confine. Paluzza, Treppo-Ligosullo, Paularo, Moggio, in generale la Carnia. E ancora la Valcellina (a Claut oggi i positivi sono 28 e il tasso di incidenza è tornato molto alto nonostante la campagna di test a tappeto della Regione), e poi le Valli del Natisone, vicine ai focolai sloveni così come la provincia di Trieste. E ancora prima è stato notato il caso di Sappada, figlio del già citato focolaio del Comelico. 

 

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Il Gazzettino