SACILE (PORDENONE) - Luca Zaia e Massimiliano Fedriga si incontrano alle porte di Sacile, qui dove il Veneto diventa Friuli Venezia Giulia. L’occasione è data...
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VICINI DI CASA I presidenti delle due Regioni partono dai numeri, che in senso assoluto sono fortunatamente modesti, ma in termini relativi hanno una particolarità: dall’inizio dell’estate, sul totale dei nuovi casi di contagio rilevati, la quota importata è pari al 55% in Veneto e all’80% in Friuli Venezia Giulia. «È inaccettabile che un territorio che ha lavorato bene si debba portare in casa di nuovo il virus per l’incuria di Paesi che non hanno adottato un piano di sanità pubblica», attacca Zaia. «Non dico di sospendere il trattato sulla circolazione europea, ma è necessaria una maggiore severità, altrimenti gli sforzi italiani risultano vani», concorda Fedriga. Quest’ultimo amministra un’area che geograficamente è la prima ad essere esposta al problema, in un intreccio fra rischi sanitari e flussi migratori, come va ripetendo da giorni: «Purtroppo non abbiamo la competenza nel controllo dei confini per bloccare gli immigrati irregolari che arrivano in Friuli Venezia Giulia, ma non possiamo essere noi a pagare le conseguenze dei mancati controlli». E il Veneto non si chiama fuori dalla questione: «I problemi dei vicini di casa sono i nostri, e viceversa, fra le nostre due regioni l’osmosi è totale dal punto di vista culturale, sociale ed economico».
LE FORZE
Di qui la necessità, secondo Fedriga, di mandare i militari lungo i 200 chilometri della demarcazione ad Est, attraversata negli ultimi dieci giorni da un intenso traffico di migranti provenienti da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh e Sri-Lanka, tanto che il vicegovernatore Riccardo Riccardi ha già formalizzato stato di pre-allerta.
Il Gazzettino