Centomila padovani contagiati da inizio pandemia, il ricordo di Manuela Turetta di Vo' : «Mio padre Renato, uno dei primi morti»

Manuela e Renato Turetta
PADOVA - «Quella serata non la scorderò mai. Alle sette ricevo una chiamata dall’ospedale di Schiavonia e un medico mi dice che papà è risultato...

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PADOVA - «Quella serata non la scorderò mai. Alle sette ricevo una chiamata dall’ospedale di Schiavonia e un medico mi dice che papà è risultato positivo al Coronavirus, poi alle dieci arriva un’ambulanza con due dottori vestiti da astronauti per farci il tampone. Mi sembrava un film di fantascienza». Manuela, 39enne di Vo’, è la figlia di Renato Turetta, uno dei primi due pazienti veneti colpiti dal Covid. Era il 21 febbraio 2020 e suo padre sarebbe morto tre settimane dopo in un letto della Terapia intensiva di Padova. Da quella maledetta prima sera sono passati 646 giorni: altro che film di fantascienza, quelle tute da astronauta sono diventate la nostra quotidianità. E ora c’è pure un altro dato impressionante da registrare: ieri la provincia di Padova - prima in Veneto - ha superato la soglia dei 100 mila contagiati dall’inizio della pandemia. Considerato che il territorio padovano conta un milione di residenti, una persona su dieci è stata colpita dal virus.

«Non avrei mai pensato ad una cosa del genere, se mio papà fosse qui sarebbe severo con chi non rispetta le regole e con chi fa le manifestazioni No Vax - assicura Manuela prima di lasciarsi andare ad un lungo sospiro - Mi spiace che tante persone non abbiano ancora capito quanto possa essere pericoloso questo virus». 


I NUMERI
Il report della Regione Veneto dice che in provincia di Padova dall’inizio dell’emergenza ci sono stati 100.388 casi di positività (senza contare tutte le persone che hanno avuto il virus senza saperlo). Sono 485 i nuovi contagi registrati nella giornata di ieri con tre nuovi decessi. Attualmente in tutta la provincia sono positive 6.192 persone: un dato in crescita progressiva nelle ultime settimane. 
Su oltre 100 mila contagi le vittime sono state 1.864: significa che ogni cento pazienti positivi ne sono morti due. Una letalità in linea con quella regionale. I guariti sono ovviamente la stragrande maggioranza: 92.232. 
LA TESTIMONIANZA
Renato Turetta, idraulico in pensione di 67 anni, giocava sempre a carte alla locanda “Al sole” di Vo’ con l’amico Adriano Trevisan. Sono stati ricoverati assieme a Schiavonia e qui, in ospedale, si sono salutati per l’ultima volta. Il 21 febbraio 2020 quello di Trevisan è stato il primo decesso italiano per Coronavirus, poi lo stesso destino è toccato a Turetta il 10 marzo.
«Non avrei mai pensato che dopo tutto questo tempo saremmo stati ancora qui a parlare di questa pandemia - scuote la testa Manuela mentre lavora dietro al bancone di un’enoteca di Bastia - Speravo che tutto andasse a scemare grazie alle precauzioni e soprattutto grazie ai vaccini. Il problema è che ci sono ancora troppe persone che non si fidano della scienza. Posso capire che ci sia paura dei vaccini, ma non è possibile che ci sia più paura della cura rispetto alla malattia».
L’APPELLO
Manuela si è vaccinata subito e ora attende di poter fare la terza dose. «Si è vaccinata anche mamma Cristina, che quel giorno risultò positiva assieme al papà. Spero che più persone possibile lo facciano, questo non è un vaccino sperimentale e io ho visto con i miei occhi dove questo virus può portare». 


Intanto ricorda il papà. «Ci eravamo sentiti l’ultima volta pochi giorni prima che morisse, era all’ospedale di Padova ma non sembrava così grave e invece poi la situazione è precipitata. Gli piaceva sciare, in questo periodo sicuramente saremmo andati». E invece è arrivato un uragano che ha travolto e stravolto tutto. La conta delle vittime continua ancora. 
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Il Gazzettino