CORTINA «Sono positivo al Covid 19 da oltre due mesi e in isolamento da 70 giorni: voglio solo guarire e tornare a lavorare, perché ne ho bisogno». Gianangelo...
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«Se sono malato chiedo di essere curato - dice -, altrimenti chiedo di tornare a lavorare, perché ne ho bisogno. Ho effettuato il giorno 11 maggio l’ottavo tampone di controllo e il giorno 12 il nono, ma alla data odierna non ho ancora ricevuto risposta sugli esiti». La speranza è che finalmente arrivi quel doppio negativo che per Pesavento significherà la libertà.
LA STORIA
Tutto inizia in quello strano weekend per Cortina dell’8 marzo, quando la Perla venne presa d’assalto dai turisti. «Quel giorno - racconta il 53enne, che è anche volontario della Croce Bianca - accusai due ore di febbre a 37,2. Siccome avrei avuto dei turni in ambulanza mi preoccupai di chiamare il 118, chiedendo cosa fare. Da quella sera mi sono messo in autoisolamento, per responsabilità. Il giorno dopo mi è venuta un po’ di tosse e contattato il medico di base. Il 12 marzo il primo tampone positivo e da lì è iniziato il mio calvario in isolamento».
Non un calvario per quanto concerne la salute: il 53enne oltre a quelle due ore di febbre e tosse non ha avuto altro. Ma per questi «domiciliari - come dice lui - inflitti senza neanche un... processo». Sono stati fatti altri tamponi fino ad arrivare a 9 (è in attesa dei risultati degli ultimi due). In un paio di casi l’illusione: il primo test era negativo, il successivo positivo. Per due volte. Come può accadere? «Sono stato contattato - dice Pasavento - dal professor Renzo Scaggiante primario di Malattie Infettive dell’ospedale di Belluno per interessamento del dottor Giorgio Parise della Usl 1 il giorno 10 maggio per approfondire la mia situazione. Dopo alcuni esami ematici effettuati il giorno 11 maggio, mi viene comunicato che sto cominciando a sviluppare anticorpi, ma devo superare i due tamponi previsti per legge, secondo il protocollo emesso dall’Istituto superiore di sanitá, che prevede due tamponi orofaringei nell’arco di 24 ore, cosa che sono riuscito ad ottenere solo all’ottavo prelievo. Sono in attesa dei risultati da ben 6 giorni».
LO SFOGO
«Sono conscio di non essere il solo - conclude Pesavento - , capisco il problema dei contagi e dell’emergenza ma a questo punto pretendo di essere curato essendo questo un mio diritto costituzionale, poiché evidentemente ancora malato, anche se asintomatico. Il diritto alla cura credo non mi possa essere più negato. Non trovo assolutamente giusto questo modo di condannare un cittadino ai domiciliari senza processo. Mi domando anche se questa situazione sia lecita poiché sono stato lasciato volontariamente in un limbo in attesa. Chiedo agli organi competenti di assumere tutte le informazioni e il materiale riguardante la mia situazione ed eventualmente ravvisare se i miei diritti sono stati calpestati o si possano delineare reati. Ricordo infine che sono un lavoratore autonomo e la mia sopravvivenza è data dal lavoro che posso produrre». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino