Sui tempi della riapertura, la comunità scientifica continua a predicare prudenza. Andrea Crisanti, direttore dell'unità operativa complessa di Microbiologia e...
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L'INCERTEZZA
A fine marzo uno studio dell'Einaudi institute for economics and finance (Eief), centro di ricerca indipendente fondato dalla Banca d'Italia, aveva stimato che l'azzeramento delle nuove infezioni da Coronavirus sarebbe cominciato dal Nordest e addirittura prima di Pasqua: il 6 aprile in Trentino Alto Adige e il 10 aprile in Friuli Venezia Giulia, dopodiché il 14 aprile in Veneto e via via nel resto d'Italia, per arrivare a completare il quadro nazionale fra il 5 e il 16 maggio. Invece come vediamo in questi giorni, per quanto l'andamento stia rallentando, il virus sta continuando a circolare: secondo l'ultimo bollettino della Protezione civile, anche ieri nella Penisola sono stati registrati 878 nuovi positivi.
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Spiega al riguardo Franco Peracchi, docente all'Università di Roma Tor Vergata e alla Georgetown University, nell'ultimo aggiornamento quotidiano dell'analisi condotta per conto dell'Eief, che traduciamo così dall'inglese: «L'incertezza che circonda ogni previsione riguardante la pandemia Covid-19 è probabile che sia molto più grande dei casi più consueti, a causa dell'incertezza sul modello statistico stesso».
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LE PREVISIONI
Ad ogni modo, ora le nuove date sono slittate vistosamente in avanti: 24 aprile in Trentino Alto Adige (che non sarebbe più la prima regione, superato dall'Umbria il 16, dall'Abruzzo e dalla Basilicata il 17, dalla Valle d'Aosta il 18); 30 aprile in Friuli Venezia Giulia; 3 maggio in Veneto. L'ultima a raggiungere il punto dei contagi zero sarebbe la Lombardia, il 13 maggio, mentre l'Italia nel suo complesso vedrebbe lo stop alle nuove infezioni fra il 10 e il 12 maggio.
Raccomanda tuttavia l'econometrista Peracchi: «La data prevista in cui il numero dei nuovi casi confermati scenderà a zero non deve essere interpretata come la data in cui l'attuale lockdown deve essere rimosso. Inoltre, siccome il mio modello di previsione è solo una forma ridotta, non può dire nulla su cosa accade se le restrizioni vengono tolte. La dinamica delle pandemie dipende in maniera cruciale dalla frazione di persone vulnerabili nella popolazione. Se questa frazione rimane alta, il che è probabilmente il caso di certe regioni italiane, levare il blocco troppo presto può in realtà generare nuove ondate di contagio».
Lo dimostra il confronto con la proiezione effettuata in Cina, quando anche lì la curva del contagio aveva raggiunto il picco e formato il pianoro, proprio come sta accadendo in Italia adesso: «Quelle previsioni avrebbero perso il recente rimbalzo della pandemia, a quanto pare dovuto a casi di importazione», rimarca l'esperto.
LA PRUDENZA
Ecco allora spiegata la prudenza manifestata dai medici come Crisanti, nel guardare all'obiettivo della completa tranquillità: «Dovremmo arrivare ad un indice di trasmissione R con zero, ovvero zero contagi, e mantenerci su questo indice per diverse settimane. Solo dopo di ciò si potrebbe riaprire in sicurezza. È il modello cinese, ma se dovessimo seguirlo sarebbero necessarie ancora settimane di lockdown». L'alternativa? Adottare tre misure cruciali: «Dotare l'intera popolazione di mascherine, aumentare le diagnosi ed i test in modo cospicuo e attuare tracciamenti dei casi e dei contatti su scala nazionale». Altrimenti, ammonisce Crisanti, «la ripresa dei casi e dell'epidemia è pressoché certa». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino