Coronavirus Fase 2. Lo studio choc: «Senza distanze e protezioni altri 23mila morti»

I risultati dello studio sono dichiaratamente choc. Ma forse l'Italia ha proprio bisogno di una piccola scossa, ora che ha iniziato «a rilassare le misure di...

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I risultati dello studio sono dichiaratamente choc. Ma forse l'Italia ha proprio bisogno di una piccola scossa, ora che ha iniziato «a rilassare le misure di contenimento», per citare le parole dell'Imperial College Covid-19 Response Team. La squadra di ricerca della prestigiosa Università londinese, quella da cui è arrivato a Padova il professor Andrea Crisanti, paventa infatti il rischio di una nuova ondata di vittime, se la fase 2 non sarà rigorosamente accompagnata dalle protezioni individuali, da un piano di sorveglianza e dai tamponi a tappeto: la stima è di 3.700-18.000 morti (approssimabili fino a 23.000) fra maggio e giugno, di cui 930-4.100 (estendibili a 6.600) in Veneto.


IL MODELLO
I numeri sono talmente allarmanti che vanno subito spiegati. Innanzi tutto il gruppo guidato dall'epidemiologo britannico Neil Ferguson, di cui fa parte anche la matematica trentina Ilaria Dorigatti, ha preso in considerazione l'Italia come il primo Paese che in Europa ha dovuto affrontare l'epidemia e che alla data del 1° maggio ha registrato 28.238 decessi (salvo essere sorpassato ieri proprio dalla Gran Bretagna). Il modello elaborato si poggia sull'ormai famoso R0, l'indice di riproduzione del virus diventato nel frattempo Rt, visto che da valore di base si è trasformato in un parametro che tiene conto delle varie misure di contenimento via via adottate. Ad ogni modo questo indicatore è sceso sotto quota 1 in tutte le regioni (in Veneto è arrivato a 0,53, secondo l'ultima comunicazione dell'Istituto superiore di sanità), «a conferma che i principali interventi implementati dal governo italiano hanno controllato la trasmissione ed evitato una catastrofe».
 

I TASSI DI ATTACCO
Scrivono gli scienziati: «Nonostante l'alto numero di decessi dovuti a Covid-19, i tassi di attacco sono molto più bassi rispetto alla soglia dell'immunità di gregge». Se infatti la capacità di una comunità di resistere all'infezione può essere fissata al 70%, la percentuale della popolazione contagiata è di gran lunga inferiore: i dati medi più alti riguardano Lombardia (13,30%) e Valle d'Aosta (11,07%), il Veneto segnala 3,75% e il Friuli Venezia Giulia 2,42%, ma molte altre regioni stanno sotto 1. A fronte di queste cifre, dunque, cosa accadrà in questi due mesi? «Simulando le future 8 settimane, stimiamo che, se la mobilità resta invariata, ci sarà una continua riduzione nei morti e l'epidemia verrà soppressa. Al contrario, un ripristino della mobilità al 20% o 40% dei livelli pre-quarantena può portare ad una ripresa dell'epidemia con più decessi dell'ondata attuale in assenza di ulteriori interventi». 

LA MOBILITÀ
Gli analisti hanno infatti deciso di calcolare l'Rt, vale a dire l'indice di propagazione del contagio nell'attuale fase di politiche sanitarie, utilizzando i dati di mobilità, cioè immaginando quanto i cittadini si spostino per andare al lavoro, tornare a casa, recarsi in farmacia, al supermercato e al parco. Questa stima non tiene conto delle misure prese a livello individuale, come l'isolamento dei casi, il distanziamento sociale sui mezzi di trasporto e negli spazi pubblici, l'utilizzo obbligatorio di mascherine e guanti. In pratica lo studio disegna l'ipotesi estrema: una situazione in cui gli italiani si sentissero talmente fuori dall'emergenza da smettere completamente di stare in quarantena (se fossero positivi o loro contatti), di rispettare le distanze e di indossare i dispositivi. «Le nostre stime possono essere considerate pessimistiche», ammettono non a caso i ricercatori, facendo però presente che anche «simulare un aumento del 20% e 40% della mobilità nelle prossime 8 settimane è probabilmente uno scenario prudente», in quanto già i primi dati sul traffico hanno dimostrato un notevole aumento degli spostamenti.

I RISULTATI
Ad ogni modo questo è il compromesso azzardo-cautela su cui è fondata l'indagine. E quelli nel grafico sotto sono gli inquietanti risultati compilati dall'Imperial College. A seconda che la mobilità cresca del 20% o del 40% rispetto al periodo pre-lockdown, potrebbero infatti registrarsi migliaia di morti soprattutto in Piemonte (stime medie: 1.300-5.600), Veneto (930-4.100) e Toscana (370-1.800), ancora più che in Lombardia (190-1.100). Ecco perché «il rafforzamento della sorveglianza epidemiologica tramite tamponi e il tracciamento dei contatti», sommato al rispetto delle regole, secondo gli scienziati «è fondamentale per compensare il rischio di ripresa della trasmissione». Capito?


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Il Gazzettino