È l'uomo che è riuscito a moltiplicare i tamponi per individuare il coronavirus. Prima lavorando per consentire al Veneto di produrseli in casa. E poi mettendo a...
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Dottor Rigoli, come ha vissuto questi 100 giorni in prima linea?
«È stato un terremoto. Da qualche settimana, per fortuna, a livello generale la terra non trema più come prima. Per noi microbiologi, invece, il terremoto non è mai finito. Anzi, è andato in crescendo. Dopo tutte le analisi eseguite all'inizio dell'emergenza, adesso stiamo continuando a lavorare giorno e notte per garantire i tamponi periodici al personale degli ospedali, a chi viene ricoverato, gli ospiti e al personale delle case di riposo e a tutti gli altri servizi più esposti».
Ora sembra che il Covid-19 abbia finalmente mollato la presa.
«Oggi il coronavirus è clinicamente spento. Solamente a Treviso siamo arrivati a processare quasi 2mila tamponi al giorno. E i casi di positività sono ormai meno di uno ogni mille. Le persone contagiate, inoltre, in genere non sviluppano più manifestazioni cliniche gravi, compresi gli anziani. Il virus è mutato repentinamente dal punto di vista clinico».
Se l'aspettava una discesa così rapida?
«No. E sfido chiunque a dire che l'aveva messa in conto».
Il piano tamponi è partito subito dopo lo scoppio dell'emergenza o è servito aggiustarlo?
«Noi abbiamo iniziato a fare le analisi fin da subito. Non c'è stato bisogno di organizzare la macchina dei tamponi. C'era già. E siamo partiti».
Con tutti i problemi collegati alla difficoltà nel reperire i reagenti necessari.
«Abbiamo iniziato a farceli in casa, sviluppando una collaborazione con un'azienda di Padova. Quando le grandi società hanno visto che eravamo in grado di produrceli da soli, allora hanno iniziato a mandarceli senza più troppi problemi. È stato un bel segnale da parte nostra».
Ora invece si punta a processare più tamponi contemporaneamente.
«I casi di positività sono ormai meno di uno ogni mille. Questo ci permette di usare il sistema pool. Può sembrare banale, ma come tutte le banalità vanno prima individuate. È nelle situazioni di crisi che escono le intuizioni. La nostra consiste in un robot, in via di sperimentazione a Treviso, con la collaborazione del dipartimento di Statistica dell'Università di Padova, in grado di eseguire più tamponi in una sola volta. Semplificando, si fa un cocktail con varie provette. Se è tutto negativo, si passa oltre. Se invece viene individuato il virus, si va a ritroso analizzando ogni singola provetta. E ormai questo è sempre più raro. Abbiamo già validato clinicamente la possibilità di processare cinque tamponi per volta. Ora puntiamo ad arrivare a trenta, il massimo registrato nella letteratura internazionale».
Si guadagna tempo e si risparmiano reagenti.
«E per completare il quadro diminuiscono anche i costi: con il pool da 30 si passa da 18 euro a 0,60 euro per ogni provetta».
Adesso teme una seconda ondata di coronavirus?
«Temiamo una ripresa della pandemia. Non possiamo ancora dare per scontato nulla. Ed è per questo che continuiamo a chiedere a tutti di fare attenzione e di non abbassare mai la guardia».
Il Gazzettino