Scompare una generazione di ristoratori. I figli: «Sapremo onorare i nostri papà»

Franco Menegaldo con la moglie e le figlie
TREVISO - Figli con tanta voglia di seguire le orme dei padri. Rispettando la tradizione, ma con qualche innovazione. Se i genitori, con grande impegno e umiltà, hanno...

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TREVISO - Figli con tanta voglia di seguire le orme dei padri. Rispettando la tradizione, ma con qualche innovazione. Se i genitori, con grande impegno e umiltà, hanno saputo gettare fondamenta solide in grado di elevare la ristorazione di Marca a vero marchio italiano, i figli non vogliono essere da meno. Una bella generazione di ristoratori, quella scomparsa in questo ultimi anni o settimane, che ha lasciato una grande eredità ai propri discendenti. «Papà Franco - afferma Patrizia Menegaldo, figlia del celebre ristoratore del pesce scomparso e cui funerali si terranno domani, lunedì 1 giugno, alle 15.30 a Monastier - era una figura carismatica, era l'immagine del ristorante da lui creato. Noi, che abbiamo saputo stare dietro le quinte e al suo fianco, ora abbiamo il compito di continuare il cammino. Lui era la figura prevalente ma ha saputo insegnarci tutto quello che faceva, ora dobbiamo continuare nel suo ricordo». 

LA RIFLESSIONE
«Ovvio che io e le mie sorelle non siamo papà - aggiunge Patrizia - ma l'impegno sarà di onorare quello che lui ha saputo fare mettendo a frutto i suoi insegnamenti. Lui come i suoi colleghi, sono partiti da zero, ha saputo fare molto e darci nozioni che vanno oltre il cibo come l'accoglienza e l'amicizia, hanno fatto squadra, come dobbiamo fare ora noi». E per il celebre locale di Monastier la strada resta quella indicata da papà: «La cucina sarà quella attuale che prima mamma Bertilla e poi mia sorella Stefania hanno creato con la qualità della materia prima, abbiamo il dovere di far sentire papà presente per onorarlo».
Le fa eco Martina Filippini, figlia di Arturo, il capostipite della dinastia e ristoratore internazionale, fondatore del celebre El Toulà, recente vittima del Covid, a 79 anni, lo scorso aprile. «La ristorazione in ogni sua forma è passione del senso di accoglienza, abbiamo un compito di grande responsabilità, dell'affetto, del ricordo, dell'insegnamento ricevuto e su questo si prosegue. La nostra ristorazione come quelle dei nostri colleghi figli di figure importanti, non morirà perchè siamo abituati a lavorare forti degli insegnamenti: papà Arturo ha fatto storia, noi vogliamo accogliere e raccogliere il senso di questo e portarla avanti, con amore e passione come ha fatto lui». Concorda il fratello Nicola: «Ci manca, qui in ristorante tutto parla di lui, è come fosse presente: la cucina non subirà stravolgimenti e non ci dobbiamo dimenticare come figli cosa ha fatto, come gli altri padri, quindi il sentirci, il confrontarci e sostenerci sarà importante per la nostra crescita».
NEL TERRITORIO

Tradizione, innanzitutto, come sottolinea Mirco Barbesin dell'omonimo locale di Castelfranco: «Il classico non tramonterà con gli insegnamenti di papà Onorio (scomparso 6 anni addietro, ndr). Con lui e mio fratello Luca era nato il progetto, poi realizzato, della creazione del giardino e del parco ed anche il restyling delle sale ristorante - spiega - ma questo non significa cancellare poiché ogni angolo racconta il passato, quello che lui ha creato nel ristorante avviato dal nonno nel 1925 e cresciuto anno dopo anno. Lo staff di cucina, ben affiatato non è cambiato, la tradizione non tramonta ma dei piatti sono stati rivisitati e creati nuovi facendo attenzione alla materia prima». Prosegue il sogno di papà Luigi Cadamuro anche Anna al ristorante di Zero Branco Ca' Busatti. Non è facile, tuttavia, cominciare a guidare un'auto pilotata da altri assi: da Lovadina Ivano Camerotto, del ristorante Da Domenico, lo ammette. «Prendere in mano il ristorante e la cucina di papà Domenico, scomparso 8 anni fa, è stata una grande responsabilità sia affettiva che professionale. I nostri padri sono stati maestri straordinari, a noi il compito di proseguire in suo onore e farli sentire presenti». Andrea Procida, il fratello maggiore della trattoria di Spercenigo di Biagio di Callalta, ci crede: «Sapranno fare, hanno avuto come padri dei veri maestri, capaci, seri, professionisti e che tra loro hanno fatto squadra. Quando se ne sono andati i miei, hanno saputo dare a me e mia moglie Orianna sostegno e consigli, scambi di idee, affetto e familiarità come deve essere ora. Franco (Menegaldo) mi diceva sempre Devi fare quello che sai fare, così non deludi il commensale». E poi ci sono i padri e i figli assieme come da Gigetto a Miane, da Celeste a Venegazzù, all'Incontro in centro a Treviso. Tutti insieme, baluardo della tradizione di Marca.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino