SAN GREGORIO NELLE ALPI - Il viaggio dei sogni in Birmania doveva durare dal 4 febbraio al 21 aprile. In realtà Carlo Budel Oltreoceano vi è rimasto quattro...
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Anche se prima Budel dovrà trascorrere altri 15 giorni di quarantena chiuso tra le mura domestiche.
L’INCUBO
«Il primo vero viaggio della mia vita - racconta il 46enne - si è trasformato in un incubo. Il volo da Venezia mi ha portato a Bangkok il 4 febbraio scorso e sempre in questa città, dopo un ampio tour, sarei dovuto tornare il 21 aprile per poi far rientro in Italia. E invece una volta arrivato a Ngapali Beach il 4 marzo, dov’era previsto il soggiorno di una settimana, la situazione è precipitata col blocco delle frontiere». Il periodo blindato è durato ben 85 giorni. «Durante le prime settimane - spiega Budel - non si poteva uscire di casa. Altro che spiaggia caraibica dove prendere il sole. Serrato in una camera di una guest house dove i titolari, gentilissimi, mi hanno sostenuto in tutte le maniere». Ormai, tra quella gente umile ma molto generosa, Budel era diventato “uno di loro”. Per festeggiarlo, l’ultima sera, una grigliata di pesce che ha coinvolto l’intera comunità.
RIENTRO IMPOSSIBILE
In questi mesi il feltrino non è rimasto con le mani in mano. «Ho contattato l’ambasciata a più riprese - sottolinea - ma di voli di rientro per noi italiani bloccati a Oriente non ce n’erano. A differenza di altri paesi europei che hanno organizzato varie “spedizioni”, per noi nulla. Giusto questo Neos di ieri, da Manila a Milano, che comunque ho pagato. Mi spiace dirlo ma in tutta onestà mi sono sentito abbandonato a me stesso». Come se non bastassero gli 85 giorni di quarantena ora, arrivato in Italia, gliene spetteranno altri 15. «Oltre il danno, verrebbe da dire, pure la beffa - afferma l’alpinista - E’ ridicolo che chi proviene da paesi altamente contagiati come la Spagna o la Germania non debbano “scontare” nulla e io che arrivo da un paese che ha avuto solo 168 positivi mi debba fare un altro periodo di isolamento».
LE PAURA
«Per trascorrere il tempo - ricorda Budel - ho scritto una sorta di diario. Oltre cento pagine di cose viste, fatte e provate. Nonché delle tante emozioni vissute». Non è da escludere che questa avventura possa diventare un libro, un seguito ideale de “La sentinella delle Dolomiti” (Ediciclo Editore) che tanto successo ha riscosso lo scorso anno. «Intanto guardo alla stagione estiva - conclude Budel - che mi accingo a trascorrere ai 3.343 metri di altitudine di Punta Penìa, la vetta più alta delle Dolomiti. Tempo di finire la quarantena e poi via, probabilmente in elicottero per colpa di alcune dolorose vene varicose, saremo pronti a riaprire verso il 25 giugno». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino