Centinaia di ricercatori tornati nei laboratori: «Riscopriamo l'adrenalina dell'esperimento»

Centinaia di ricercatori dell'università sono tornati nei loro laboratori dopo la lunga pausa del lockdown
PADOVA - Son tornati "back to lab", ad animare i laboratori di ricerca, con tanta voglia di far germogliare pensieri, realizzare progetti, in poche parole fare scienza....

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PADOVA - Son tornati "back to lab", ad animare i laboratori di ricerca, con tanta voglia di far germogliare pensieri, realizzare progetti, in poche parole fare scienza. Sono le centinaia di ricercatori dell'Università di Padova - 204 quelli assunti solo lo scorso anno - che hanno ripreso a scrutare microscopi, analizzare vetrini, fare esperimenti, star chini sulle sudate carte. Grande entusiasmo nel loro ritorno a galla, dopo la fase 1, i due mesi di "apnea" solitaria che hanno costretto anche la scienza a fare un passo indietro.


«Letto libri che erano lì da anni»
«La quarantena è stata strana, non mi ero mai trovata prima d’ora a passare più di una giornata lontana dal laboratorio. Ognuno di noi, ricercatrici e ricercatori, ha agito in maniera coscienziosa - riflette Onelia Gagliano del dipartimento di Ingegneria industriale - e fatto uno screening: durante la quarantena abbiamo studiato e scritto tanto, ci siamo dedicati a cose che non facevamo durante la vita “normale” perché siamo presi da mille impegni, da mille riunioni. Però gli esperimenti danno quell'emozione, quell'adrenalina in più». Mauro Varotto, Andrea Caracausi e Giada Peterle fanno parte del dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell'antichità. «Nel ripartire ci sono emozioni contrastanti: c'è il desiderio di ritrovare il contatto - confida Varotto - ma sarei anche ben contento di conservare dei piccoli spazi per leggere di più e scrivere; in questi mesi sono riuscito a chiudere libri che avevo bloccati da anni». Il lockdown ha corroborato il senso di solidarietà tra ricercatori e non solo. «Alcune istituzioni hanno messo a disposizione materiale, soprattutto bibliografico, e dati molto importanti con i quali - rivela Caracausi - abbiamo potuto continuare la nostra attività di ricerca. È stato anche un momento di riflessione più approfondita rispetto a quella che si faceva in precedenza: il mondo intorno a noi, prima, viaggiava a ritmi forse eccessivi».
 
Ripartono i progetti in pausa
Forte l'emozione nel rientrare e riappropriarsi degli spazi percepiti come propri. «Uscire dalla quarantena - ammette Peterle - significa poter ricostruire i rapporti interpersonali fatti anche di incontri casuali e conversazioni nei corridoi, che poi sono i momenti in cui nascono idee e condivisioni. Significa avere accesso a biblioteche, archivi, materiali cartografici che rappresentano per noi un vero e proprio stato mentale». Se non uno choc, qualcosa di molto simile dover lasciare in fretta e furia il proprio spazio fisico di studio. «È stato sicuramente traumatico abbandonare il lavoro di ricerca, soprattutto per noi che abbiamo a che fare con colture cellulari - sottolinea Francesca Gambaro del dipartimento di Biologia - che devono essere seguite e mantenute a cadenza settimanale. Molti progetti sono stati messi in pausa, non sapendo quando avremmo potuto ricominciare a pieno regime». Il primo giorno in cui è tornata in laboratorio ha vissuto un'altalena di emozioni: lei è Anna Maria Zaltron del dipartimento di Fisica e Astronomia: «Si vedono colleghi per i corridoi con la mascherina, si mantiene la distanza, non si può entrare nell'ufficio altrui, si adottano precauzioni. Da un punto di vista sociale l’impatto è difficile. Ora i vari paesi del mondo stanno vivendo momenti diversi nel lockdown e questo porta a uno sfasamento nelle tempistiche, ma non negli obiettivi della ricerca: quelli restano invariati!».

«A casa coltivate nuove idee»

La collega Tiziana Cesca parla di "rimbalzo": «Tanta voglia di ricominciare ma modalità molto difficile, un po’ come muoversi nelle sabbie mobili». Per Luca Gabrielli del dipartimento di Scienze chimiche il #restateacasa è stato un pozzo di intuizioni nuove: «Dopo aver passato tutti quei giorni da solo a pensare, avevo molta voglia di fare, quindi ho avuto diverse idee. Era un mix tra la voglia di fare e voglia di vedere qualcuno: la prima volta che ho incrociato una persona ci siamo parlati». A distanza, ma è stata comunque una «grande bellezza».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino