Cornavirus, palestre in ginocchio: «Fondi da Roma o rischio chiusura»

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PADOVA - È il settore del movimento per definizione. Quello in cui si corre, si salta e si suda. Ma lo sport padovano è paralizzato e le strutture che lo ospitano...

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PADOVA - È il settore del movimento per definizione. Quello in cui si corre, si salta e si suda. Ma lo sport padovano è paralizzato e le strutture che lo ospitano sono luoghi desolatamente vuoti, dove al massimo passa un elettricista per un intervento di manutenzione. Nessun tiro verso il canestro, nessuna schiacciata oltre la rete, nessuna coreografia di danza o ginnastica. Nulla di nulla. Resistono i corsi di yoga e pilates, ma solo seguendo l'istruttore virtualmente dietro uno schermo. Se molte imprese industriali e del comparto edile vedono finalmente la fase due, per gestori di palestre e preparatori atletici la luce in fondo al tunnel - anzi, in fondo allo spogliatoio - sembra ancora lontana. «Se non arrivano aiuti dal governo a Padova una palestra su due rischia di chiudere», sospira l'assessore Diego Bonavina, uno che lo sport ce l'ha nella pelle oltre che nella delega. Ma lo scenario è cupissimo in tutta la provincia. Le associazioni dilettantistiche affiliate al Coni sono 900 e di queste sono oltre 500 quelle che si servono di una palestra. Le strutture private coperte sono oltre un centinaio, a cui si aggiungono tutte quelle pubbliche (spesso scolastiche). Dalla Kioene Arena di Padova Est al più piccolo centro sportivo di aperta campagna: nessuna sa ancora quando e come potrà finalmente riaprire.


SITUAZIONE DIFFICILE
Un chiaro quadro della situazione è quello dipinto da Gianfranco Bardelle, padovano, presidente del Coni veneto. «In provincia ci sono ovviamente palestre di tutti i tipi, da quelle pubbliche date in gestione a quelle totalmente private. Le associazioni aderenti al Coni rappresentano 19 discipline diverse, ma poi ci sono anche tutte quelle strutture in cui gli sportivi vanno per fare corsi o per rinforzare i muscoli sugli attrezzi. Con il decreto dell'8 marzo le palestre sono state tutte chiuse e non abbiamo un'esatta idea di quanto potranno tornare a lavorare. Mi chiamano continuamente gestori nella più totale disperazione. Per quanto riguarda i lavoratori - prosegue Bardelle - bisogna invece fare una distinzione. La maggior parte figura come collaboratore sportivo e ha ottenuto per il mese di marzo i 600 euro di indennizzo previsti da una società legata al Coni chiamata Sport e Salute. Per i classici dipendenti come per esempio chi lavora in segreteria, invece, immagino che purtroppo in diversi casi i titolari siano costretti a ricorrere agli strumenti canonici come la cassa integrazione». Bardelle prevede tre fasi. «La prima, già a maggio, dove potranno ripartire sport all'aperto senza contatto come golf, tennis o ciclismo. La seconda, speriamo per l'inizio dell'estate, dove le palestre potranno riaprire con regole ben precise: numeri ridotti, distanze, sanificazioni e dispositivi di sicurezza. C'è invece più incertezza per gli sport di contatto, danza compresa. Vedremo a settembre».

I DATI IN CITTA'
Padova conta oltre 50 palestre, di cui poco più di 20 private e il resto pubbliche. L'assessore Bonavina passa le proprie giornate al telefono e scuote la testa. «Temo che questo settore sarà tra gli ultimi a riaprire. Dal prossimo mese ci sarà una progressiva ripartenza delle attività sportive ma non credo proprio che il governo permetterà quelle al chiuso. Speriamo che delle possibilità per una graduale ripartenza ci siano per giugno. Di certo cambierà tutto, come per i ristoranti. Immagino termo-scanner all'ingresso per misurare la temperatura e continue sanificazioni dei locali. Ma qui il tema diventa economico. Chi potrà permettersi di mettersi in regola bene, e gli altri? Metà delle palestre rischiano di rimanere chiuse. Il Comune non ha capacità di intervenire a loro sostegno, il Coronavirus sul nostro bilancio pesa tantissimo. Ma lo sport è una pietra miliare da cui ripartire e spero che a Roma se ne ricordino: non si tratta solo di fare sport. Si tratta di stare insieme».

L'ONERE DEI COSTI 

Oltre alle spese per mettersi a norma con le future disposizioni restrittive, ci saranno ovviamente i costi tradizionali. Gli affitti vanno dai 600 ai quattromila euro, i macchinari da poche migliaia di euro ad oltre 10 mila. Le lezioni su Facebook e Skype rappresentano la soluzione per tenersi stretti tanti clienti e non fermarsi del tutto. Ma tra pochi mesi non basteranno più. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino