Coronavirus, nel Friuli che cerca personale sanitario l'ospedale privato manda tutti in cassintegrazione

La casa di cura Città di Udine
UDINE - Mentre il Friuli Venezia Giulia lotta sul fronte dell'epidemia da Coronavirus, spingendo al massimo il sistema sanitario pubblico e cambiando volto ai reparti degli...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
UDINE - Mentre il Friuli Venezia Giulia lotta sul fronte dell'epidemia da Coronavirus, spingendo al massimo il sistema sanitario pubblico e cambiando volto ai reparti degli ospedali, la Casa di cura Città di Udine chiude di fatto i battenti e dopo aver fatto smaltire ferie e permessi al personale nella prima fase dell'emergenza Coronavirus, ora decide di mettere in cassintegrazione 210 dei circa 270 dipendenti.

Una scelta che stupisce e che va in controtendenza con quanto accaduto in altre regioni d'Italia, presa a fronte del calo di lavoro delle ultime settimane, nonostante la struttura, privata, sia convenzionata con il settore sanitario pubblico, e malgrado  il direttore generale dell’azienda sanitaria Friuli Centrale di Udine, che comprende anche Alto Friuli, Palmanova e Latisana, Massimo Braganti avesse chiesto al direttore sanitario della casa di cura Città di Udine una collaborazione già a metà marzo per sostenere lo sforzo compiuto dagli ospedali pubblici del Friuli Venezia Giulia.

«Rimango esterrefatto - ha commentato Braganti - al Direttore Sanitario della Casa di Cura, oltre a chiedere la disponibilità ad accogliere nostri pazienti dalle medicine per potenziare le aree dedicate al Covid, in conseguenza della riduzione di attività imposta dalla normativa vigente abbiamo richiesto la messa a disposizione di tecnologia per rianimazione (ventilatori) ma anche di avere l’ elenco di anestesisti, medici, infermieri, OOS che potessero metterci a disposizione secondo i vari istituti contrattuali (distacco dei loro dipendenti o prestazioni libero professionali). Di tali elenchi non abbiamo ad oggi avuto notizia, mentre apprendiamo la procedura di attivazione della Cassa Integrazione, in un momento in cui stiamo disperatamente cercando professionisti per garantire l’ apertura dei posti COVID  a Udine e a Palmanova, che richiedono un maggior carico assistenziale. Appare assurdo ricercare medici e infermieri in giro per l’ Italia, avendone la disponibilità nel nostro territorio. Laddove fossero state evidenziate criticità, il sottoscritto e la Direttrice Sanitaria avrebbero certamente identificato mediazioni e soluzioni vincenti per ambedue le Aziende e soprattutto per i cittadini. Continuo a rimanere in attesa della trasmissione degli elenchi dei professionisti, onde poter rinforzare i nostri ranghi in questa battaglia contro il COVID».

LA REPLICA DEL POLICLINICO

In serata l’amministratore delegato della casa di cura Città di Udine Claudio Riccobon è intervenuto spiegando che «l’azienda, come segnale di vicinanza e riconoscenza per la disponibilità dimostrata dai propri collaboratori in questa fase critica, è già al lavoro per riuscire a coprire con uno stanziamento di fondi propri parte della percentuale di stipendio non coperta dal fondo di integrazione salariale. A partire dal 10 marzo il Policlinico è rimasto  operativo solo per le prestazioni indifferibili, come le urgenze oncologiche, la dialisi o le prestazioni ambulatoriali con priorità B (breve) - Come ci è stato richiesto dall’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, nell’ambito di una concreta collaborazione con le strutture pubbliche, abbiamo messo a disposizione 50 posti letto di medicina non-Covid per far fronte al momento di emergenza. Fortunatamente tali posti letto non si sono resi necessari e quindi abbiamo ritenuto di limitare l’attività della struttura ricorrendo temporaneamente a questo strumento di sostegno del reddito nei confronti dei nostri dipendenti».







  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino