SACILE - Da medico (di base), ha una capacità superiore a quella di chiunque altro di ascoltare il proprio corpo. E di capire cosa sta provando a comunicare, interpretando...
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Dottor Rossetti, quali sono stati i sintomi che le hanno fatto capire di aver preso il Covid-19?
Ho avvertito febbre, prima a 37,5, poi di un grado superiore. Mi facevano male le ossa, ma la cosa che mi ha colpito di più è stata la perdita della capacità di distinguere gli odori e i sapori. Si tratta di sintomi descritti in molti studi riferiti al Coronavirus, ma provarli è un’altra cosa. Non riuscivo a capire cosa stavo mangiando, con particolare riferimento ai cibi freddi. Era tutto ovattato. Dicono che si tratti di una condizione reversibile, ma anche ora che sono guarito non ho recuperato ancora gusto e olfatto. Mi ha colpito anche l’alternanza dei sintomi: avvertivo mal di gola, poi si fermava, poi tornava. Si tratta di un virus imprevedibile. Ho avuto anche sintomi respiratori: ho usato il mio saturimetro e la saturazione dell’ossigeno era scesa.
E’ in quel momento che ha avuto paura?
Ho pensato che mi servisse il ricovero. Ho 63 anni, non sono giovanissimo. Credevo di dover salutare, forse per sempre, le persone che mi stavano vicino. Si è trattato del momento più brutto di tutta la malattia, poi fortunatamente i sintomi peggiori sono passati e sono migliorato.
Ha ricostruito la storia del suo contagio?
Probabilmente si è trattato della visita a un paziente. Mi è dispiaciuto enormemente lasciare i miei assistiti, i tanti sacilesi che si sono dovuti affidare a un nuovo medico. Alcuni li ho anche spaventati, perché dopo essere stati a contatto con me sono finiti in isolamento. Adesso piano piano anche loro stanno uscendo gradualmente da questa situazione.
Ora come sta?
Sono negativo al doppio tampone, quindi clinicamente guarito. Ma non si può dire che mi sia totalmente ripreso. Sono convalescente, ma ho chiesto di poter tornare a lavorare già tra pochi giorni. I miei colleghi hanno bisogno di aiuto, non posso lasciarli soli e non voglio farlo. Sono pronto a ricominciare, il resto migliorerà gradualmente.
Lei ha vissuto la malattia in isolamento, come ha evitato contatti con la sua famiglia?
Ho praticamente vissuto solamente in una camera, diventata anche sala da pranzo. Mangiavo lì, vivevo lì, avevo un mio bagno dedicato. Le rare volte che ho visto la mia famiglia, ho sempre indossato la mascherina. Sono stato attento a tutto.
Dal momento che non si trovava in ospedale, com’è stata seguita l’evoluzione dei suoi sintomi?
Devo ringraziare l’ospedale di Pordenone e in particolare il Dipartimento di prevenzione. Mi hanno telefonato ogni giorno, hanno immagazzinato dati sulla mia malattia e hanno sempre controllato ogni tipo di evoluzione. Gli immunologi, nonostante il momento critico e il sovraccarico di lavoro a cui sono obbligati, sono stati sempre gentili. Per quanto riguarda lo studio della malattia, ora dobbiamo concentrarci anche sul percorso di guarigione completa, che non è ancora ben chiaro alla comunità scientifica in genere. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino