PADOVA - «Come state? È una domanda banale ma molto delicata, significa aprire una porta di dialogo. E tanto più oggi la “salute”, che comprende...
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LA TRASFORMAZIONE
Lo ha ricordato il dirigente dell’Ufficio scoslatico di via Cave Roberto Natale, sottolineando che «la situazione che stiamo vivendo ha posto molte domande sulla scuola, specie sull’uso del digitale e delle nuove tecnologie». Ma ponendo in evidenza anche una riflessione sul rapporto tra educazione e sapere: «La didattica a distanza, che molti hanno ridefinito didattica della vicinanza, ha innescato relazioni potentissime e generato riflessioni nuove sulla situazione che i giovani vivono e sulle prospettive future, ma ha anche evidenziato le diseguaglianze e le povertà educative esistenti». Se il distanziamento fisico è una buona prevenzione dal contagio, il distanziamento sociale è molto rischioso, ha concluso Natale.
IL MESSAGGIO
Un’iniezione di speranza e incoraggiamento è arrivata dal vescovo Cipolla: “Come state? Come vi immaginate e come vi piacerebbe fosse la scuola che ripartirà il prossimo settembre? Dove vogliamo andare come scuola? Come comunità cristiana cosa possiamo essere per la scuola? Sono molto preoccupato - ha argomentato il monsignore -, ho due paure contrapposte: da un lato che non si possano proseguire quelle esperienze che riteniamo necessarie e fondamentali; dall’altro che si pensi di tornare a fare le cose come prima senza cogliere ciò che c’è in termini di occasione di cambiamento in questa situazione. Perché ridurre il cambiamento a qualche adattamento tecnico-logistico rischierebbe di far perdere alla scuola, come a ogni altra realtà aggregativa e formativa, una grande opportunità di rileggersi e di rispondere in modo nuovo ad esigenze nuove».
LE DOMANDE
Quali priorità immaginiamo allora necessarie per la suola? Quali percorsi? «Sono domande che non possiamo più eludere ora». Ogni situazione di crisi non è mai una catastrofe, ha sottolineato il vescovo, ma è sempre un’occasione di ripartenza: «Anche questo “terremoto” che stiamo vivendo è un’occasione per interrogarci attorno a un progetto futuro di scuola».
Quattro le possibilità che il vescovo intravede come piste da percorrere: una rinnovata responsabilità e una mutua solidarietà, unici antidoti alla fragilità che ci accomuna; il recupero del valore della comunità, reale non virtuale, che significa tessere relazioni nuove, concrete, reali; una riconsiderazione del lavoro, che è anche ambito di espressione di senso e di valori; la fiducia nelle persone e nelle istituzioni. Infine di fronte a tanta tristezza vista in giro, il vescovo rilancia la necessità di «ritrovare la speranza e di avere la capacità di un nuovo modo di pensare». Forti di una certezza: «Noi, come Chiesa e comunità cristiane ci siamo, siamo al vostro fianco nelle forme e nei modi che ci sono propri come Chiesa».
La scuola non potrà ripartire senza che insieme si faccia memoria di quanto si è condiviso: è il convincimento del direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale dell’Educazione, don Lorenzo Celi. «Non si potrà progettare la ripartenza - ha sollecitato ai presidi in ascolto - tralasciando il lato umano, emotivo di ciò che è stato e in parte ancora è. Anche la ripresa segnerà un dramma sul piano psicologico, come quando ti svegli da un lungo sonno e la luce del sole ti acceca».
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Il Gazzettino