​Covid, altro caso di variante inglese: si teme il focolaio. Ecco i comuni interessati

Laboratori al lavoro in Fvg
PORDENONE E UDINE - Primo dato: da quattro, in un solo giorno, i casi in provincia di Pordenone sono diventati cinque. Secondo allarme: c’è un fattore che accomuna...

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PORDENONE E UDINE - Primo dato: da quattro, in un solo giorno, i casi in provincia di Pordenone sono diventati cinque. Secondo allarme: c’è un fattore che accomuna quattro dei cinque contagiati: sono entrati in contatto di recente con l’ospedale di Pordenone. Non è abbastanza - è l’opinione degli esperti - per parlare di un focolaio correlato al polo del Santa Maria degli Angeli, ma è sufficiente per far scattare la macchina dell’emergenza. E a valle della premessa, ecco la notizia peggiore: si sta parlando della variante inglese, appena “scoperta” in regione e già “interrogata” in provincia di Pordenone. 

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LA MAPPA
Dove sono stati registrati i casi di variante inglese nel Friuli Occidentale? La diffusione è già stata tracciata dal Dipartimento di prevenzione: due positivi a Montereale, due a Porcia e uno in città. La relativa lontananza tra i comuni, da un lato tranquillizza, ma dall’altro rende ancora più unico il tratto in comune costituito dal fatto di aver frequentato l’ospedale, almeno per quattro dei cinque casi. C’è poi un altro dettaglio, legato all’aumento numerico dei tamponi positivi alla variante inglese, passati da quattro a cinque. 


TEMPESTIVITÀ
Gli esperti della prevenzione si sono mossi immediatamente, in un’operazione di tracciamento tra le più urgenti degli ultimi tempi. Il lavoro è terminato ieri dopo pranzo, al termine di una mattinata passata esclusivamente a rincorrere la variante inglese scoperta dall’indagine regionale commissionata dall’Istituto superiore di sanità. È stato scoperto un caso in più, collegato a uno dei quattro già comunicati. Si tratta del fratello di una persona già contagiata. E stata svolta anche l’indagine epidemiologica e non sono stati provati contatti con l’Inghilterra. Si tratta quindi di una catena di diffusione “autoctona”, che fa pensare al fatto che la variante sia diffusa a livello locale. In poche parole, non si è trattato di un’importazione. Nelle prossime ore il lavoro proseguirà, coinvolgendo anche lo staff di Malattie infettive e l’ospedale tutto, dal momento che il principale interrogativo riguarda proprio gli ambienti interni al polo medico. Ma si andrà avanti anche sul territorio. 


IN REGIONE
«Ora - ha specificato il professor Fabio Barbone, vertice della task force regionale contro il Covid - è necessaria una grande azione di tracciamento». Necessità, questa, confermata ieri anche dal vicepresidente della Regione, Riccardo Riccardi. «Saranno coinvolti e coordinati i Dipartimenti di prevenzione», ha garantito. A livello regionale, quindi, parte la “caccia” alla variante inglese. Quanto alla distribuzione, «il ceppo mutato sembra essere più diffuso nella provincia di Udine», ha confermato il professor Pierlanfranco D’Agaro del Burlo di Trieste.

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OBIETTIVI
Il primo lavoro, com’è accaduto in provincia di Pordenone, riguarda l’isolamento dei possibili casi correlati a quelli già scoperti, diciassette in tutta la regione in seguito ai campionamento del 3 e 4 febbraio. Poi è necessario aumentare la capacità di sequenziare i genomi dei singoli campioni. E anche incrementare la quantità di tamponi da inviare dalle singole Aziende sanitarie al centro di ricerca di Trieste, l’unico al momento accreditato a scovare le varianti del virus. E in questo senso proprio da Pordenone arriva la conferma: nei prossimi giorni saranno molti di più i test con alta carica virale e negativi alla proteina S (è così che nasce il sospetto di trovarsi di fronte a un ceppo diverso) ad essere inviati a Trieste per i controlli. 


LE CONSEGUENZE


La Regione è in fase di allerta, non ancora di allarme. La variante inglese c’è e si iniziano a notare anche delle prime micro-catene di contagio. Ma non è necessario in questo momento un provvedimento restrittivo, perché i dati del Fvg sono ancora e sempre in calo. Il ceppo mutato, insomma, non sembra essere prevalente, né avere effetti sul contagio. Se dovesse accadere, potrebbero scattare zone rosse locali, anche provinciali. Eventualità non da scartare, ma da provare ad evitare. 

 

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Il Gazzettino