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VO' - «Quello che noi tutti portiamo nel cuore è la perdita di un marito, un papà, un nonno, un suocero e il ricordo di quella notte che nessuno mai potrà cancellare. Bambini e ragazzi, vi chiedo di farmi una promessa: quando andrete a casa telefonate ai vostri nonni e ditegli che gli volete bene. E se, come mia figlia Nicole e mio nipote Leonardo, un nonno non ce l'avete più, soffiate un bacio nell'aria: gli arriverà, ovunque sia. I nonni sono un bene prezioso».
Ieri mattina Vanessa Trevisan e la figlia Nicole (uscita l'anno scorso dalla scuola media di Vo') hanno portato la loro testimonianza all'evento Io ricordo. A loro il virus ha strappato Adriano, deceduto proprio la sera del 21 febbraio, prima vittima Covid. «Difficile riassumere e soprattutto tradurre in parole ciò che abbiamo vissuto e provato anche perché ciò era tutto talmente illogico, irrazionale, irragionevole, insensato, addirittura incredibile dice Vanessa, ex sindaca di Vo' . Sembrava di vivere in un incubo. Spesso tra di noi, quella notte, ci ripetevamo: Speriamo di svegliarci, poi guardavamo fuori dalle finestre e quelle luci blu, che mai dimenticheremo, erano prova di realtà.
Adriano Trevisan, 77 anni, è ufficialmente la prima vittima di Covid-19 d'Italia e d'Europa. La notizia fa letteralmente il giro del mondo. «Inizia la snervante attesa dell'esito dei nostri tamponi - continua Vanessa ripercorrendo l'angoscia di quella notte, la più lunga e la più buia della sua vita - Il pensiero è continuamente rivolto a papà, a cosa ne sarà di noi».
I tamponi diranno: tutti negativi tranne lei e la madre Linda, costrette alla quarantena, lontane dal resto della famiglia. Una lontananza dolorosa di cui racconta anche la figlia Nicole: «Ci siamo divisi. Ho passato dieci giorni a casa di mio zio. Salutavo mamma da lontano, dalla strada. L'ho rivista dopo 20 giorni».
Di quel fatidico 21 febbraio la 15enne Nicole, che ora frequenta la prima liceo, ha ricordi a sprazzi: certi particolari sono tatuaggi indelebili nella sua memoria, altri invece sono quasi del tutto sfumati. «Forse qualche momento l'ho proprio rimosso». «Stavo per andare in palestra quando è arrivato mio zio a prendermi per fare il tampone racconta mentre gli ormai ex compagni di scuola la ascoltano ammutoliti Pensavo che il tutto sarebbe durato pochi minuti invece siamo rimasti in ospedale per quasi 24 ore. Eravamo molto preoccupati. Tutti quanti ci guardavano in modo strano e si allontanavano da noi. Man mano che il tempo trascorreva l'ospedale si svuotava. A un certo punto ci hanno detto che mio nonno sarebbe stato trasferito a Padova ma purtroppo non ci è mai arrivato. È stato un momento di grande tristezza, interrotto dai un centinaio di messaggi: i miei amici parlavano di un caso positivo. Era mio nonno». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino