Coronavirus, la multinazionale Epta si ferma: oltre mille dipendenti a casa

Lo stabilimento Epta a Limana
BELLUNO Coronavirus Veneto. Epta, la multinazionale del freddo, non attende e si ferma. Da oggi fino al 22 gli oltre mille dipendenti rimarranno a casa. Si tratta della prima...

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BELLUNO Coronavirus Veneto. Epta, la multinazionale del freddo, non attende e si ferma. Da oggi fino al 22 gli oltre mille dipendenti rimarranno a casa. Si tratta della prima azienda in provincia di Belluno che decide autonomamente di fermare la produzione. Oggi ci sono nuovi incontri tra industriali e sindacati che proveranno una mediazione. La Fiom è pronta, altrimenti, ad imboccare la strada dello sciopero. «In questo momento i lavoratori sono terrorizzati» scandiscono i rappresentanti dei lavoratori. «Serve grande fermezza nell'applicare le regole in modo ferreo» ribatte la leader degli industriali bellunesi, Lorraine Berton.


PRIMO PASSO
Il primo accordo, come detto è stato quello raggiunto per l'azienda Epta di Limana. Si tratta di un accordo che viene definito propedeutico perché potrà rappresentare una base per le intese in discussione nelle prossime ore. «Ha una valenza molto positiva nei confronti della situazione - spiega il segretario provinciale della Fiom, Stefano Bona - in questa fase non cerchiamo uno scontro. Facciamo di tutto per trovare gli accordi ma la salute dei lavoratori è un bene primario, nel momento in cui limitare la diffusione del contagio è una priorità bisogna garantire in modo rigoroso la salute dei dipendenti.

COMUNICATO CONGIUNTO
Nel pomeriggio le tre sigle sindacali hanno parlato ad una voce sola: «Da giorni stiamo provando a non bloccare le produzioni, cercando le soluzioni più adeguate, consapevoli dei costi umani ed economici - hanno scritto le segreterie di Cgil, Cisl e Uil dei metalmeccanici - data la generalizzata difficoltà a un'esatta e puntuale applicazione nei luoghi di lavoro riteniamo necessaria una momentanea fermata di tutte le imprese metalmeccaniche, a prescindere dal contratto utilizzato, fino a domenica 22 marzo, al fine di sanificare, mettere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro».

L'AVVISO
Se non si dovessero trovare gli accordi i sindacati sono pronti a procedere in modo unilaterale: «Dichiariamo sin d'ora l'astensione unilaterale nazionale nell'intero settore merceologico, a prescindere dal Contratto utilizzato. A copertura di ciò proclamiamo lo sciopero per tutte le ore necessarie. Eventuali periodi di fermata inferiori potranno essere concordati previa verifica dell'adozione di tutte le misure sanitarie possibili».

L'ALTRO FRONTE
«La fabbrica non è un pericolo ma è un perno di sicurezza - spiega Lorraine Berton, presidente degli industriali bellunesi - siamo rispettosi delle paure. Se qualcuno non se la sente stia a casa, ma ci stia. Ai colleghi imprenditori dico che dobbiamo comportarci come i capitani delle navi. Tenere il timone saldo, evitare allarmismo e ciascuno deve fare la propria parte».

SETTORE PRIMARIO

Chi non può invece permettersi lo stop è Lattebusche che opera nel settore primario. «Da tre settimane stiamo mettendo in atto le contromisure - spiega Antonio Bortoli, direttore generale di Lattebusche - tutti i dipendenti della raccolta sono stati dotati di sistemi di produzione, abbiamo compartimentato i reparti e spinto verso lo smart working per le persone che lavorano in ufficio». Un mercato quello del latte e dei prodotti caseari che nelle ultime ore ha mostrato tensioni e fragilità: «Abbiamo avuto un incremento temporaneo nei punti vendita. mentre abbiamo avuto grande sofferenza nel settore ristorazione e punti vendita. Tiene invece la grande distribuzione organizzata».
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Il Gazzettino