Emanuela, la cooperante bloccata in Bolivia dal Coronavirus: «Voglio tornare»

Emanuela, la cooperante bloccata in Bolivia dal Coronavirus: «Voglio tornare»
QUERO VAS - Partita come cooperante la querese Emanuela Mondin si trova bloccata in Bolivia. Il Coronavirus sta mettendo in ginocchio tutto il sud America e la donna, sia in...

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QUERO VAS - Partita come cooperante la querese Emanuela Mondin si trova bloccata in Bolivia. Il Coronavirus sta mettendo in ginocchio tutto il sud America e la donna, sia in maniera autonoma che attraverso l'ambasciata, sta cercando di fare ritorno in patria, ma le difficoltà sono tante. «Ormai non ce la faccio più -dice -. Mi trovo in un paese straniero, senza nulla da fare e senza la vicinanza della famiglia e degli amici», afferma la donna. 


LA MISSIONE
Emanuela Mondin, 55 anni, è da sempre una donna con una particolare sensibilità verso i temi del sociale. Per anni si è dedicata all'assistenza di tossicodipendenti, di persone con disturbi fisici e psichici, bambini e anziani. Per oltre 4 anni ha lavorato in qualità di educatrice e animatrice anche presso la casa di riposo di Quero. Nel 2011 ha vissuto una prima esperienza in una missione in Perù, seguita da una seconda, in Messico con la Diocesi di Belluno. Il 31 gennaio scorso la partenza verso la Bolivia come cooperante per La fundacion Dona Lucia. Si tratta della fondazione di Valdobbiadene che opera nel campo dell'educazione e della sanità: aveva la necessità di inviare qualcuno in Bolivia affinchè seguisse i numerosi progetti che sta portando avanti in quello stato del sud America. «Non c'ho pensato due volte e sono partita», racconta Emanuela che dal 2016, cioè da quando è morto il padre, ha deciso di dedicare la sua vita agli altri. La sua destinazione era Aiquile, una cittadina di 12mila abitanti. 

IL CORONAVIRUS
Ma la pandemia arriva anche in sud America. «Il 31 marzo inizia anche qui la quarantena e tutte le scuole vengono chiuse prosegue Emanuela -. Questo implica il blocco della maggior parte dei progetti della fondazione. Io comunque vado avanti e mi occupo della distribuzione di viveri alle famiglie in difficoltà. Per un periodo svolgo anche qualche attività di volontariato a titolo personale». Concluse le proprie attività a fine maggio, la donna inizia a organizzare il suo viaggio di rientro in Italia. Il picco del contagio in sud America deve ancora arrivare. «La situazione è drammatica racconta -. Parliamo di 1000 contagi in più ogni giorno e la pandemia non può rallentare. Qui si lavora a giornata ed il pensiero comune della gente è davvero triste: la morte di fame è certa, quella per il coronavirus è possibile. La sanità boliviana è al collasso. Fortunatamente nella cittadina dove sono io il virus non è ancora arrivato ma se dovesse arrivare sarebbe una tragedia. Ci sono due piccoli ospedali che non hanno posti di terapia intensiva e sono dotati solo di una ventina di ventilatori polmonari». Ed è qui, nell'organizzazione del viaggio di ritorno, che inizia l'odissea.

L'ODISSEA

«Avevo iniziato a stringere i primi contatti con l'ambasciata italiana in aprile -spiega - e mi hanno detto che stavano organizzando un volo per il rimpatrio degli italiani, ma io non potevo prendervi parte in quanto non avevo i requisiti previsti (potevano rientrare solo italiani con patologie, che avevano genitori anziani o problemi di lavoro in Italia). Da lì c'è stato uno scambio di mail tra me e l'ambasciata ma ad oggi non sono ancora riusciti a farmi rientrare in Italia». Riesce a prenotare un volo: 800 euro con partenza per Roma l'8 luglio. «È stato cancellato e psicologicamente questa cosa mi ha provato ancora di più». Per questo in un momento di sconforto ha inserito un post sulla pagina Facebook di Sei di Quero se.. così per avere un contatto con i suoi paesani: la comunità di Quero infatti le è sempre stata vicina. Emanuela Mondin è nata a Milano, ma il suo cognome non lascia dubbi sulla sua origine. Attualmente è domiciliata a Quero, perché per i suoi lunghi viaggi si era iscritta all'Aire. «Premesso che è difficile uscire dalla Bolivia, c'è un altro aeroporto a sette ore da qui - prosegue -. Sto cercando di trovare qualcuno che mi dia un passaggio per raggiungerlo solo che, se una volta lì mi cancellano il volo, cosa faccio?». «A livello materiale non mi manca nulla in quanto vivo in un appartamento di proprietà del presidente della fondazione, ma a livello morale sono devastata», conclude. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino