TREVISO La salute delle persone, ma anche la salute del sistema economico, mai come ora a rischio. E poi l’esigenza di assicurare a chi torna al lavoro l’assistenza...
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L'APPELLO
«Sono passati quasi due mesi dall’inizio del lockdown - dicono - Ora ci siamo stancati di avere paura. È giunto il momento, come popolo, di rialzare la testa e riprendere in mano le redini del nostro Paese. Il Governo ci aveva rassicurato promettendo misure straordinarie, ma una mano concreta alle nostre imprese non è ancora arrivata. È giunto il momento del coraggio, il coraggio come cittadini di andare avanti e come imprenditori di prenderci la responsabilità della salute dei nostri collaboratori. Ed è giunto il momento per la politica, di avere il coraggio di fare quelle scelte, che fino ad ora non ha fatto, nascondendosi dietro al parere di esperti che, come è giusto che sia, centrano il loro intervento solo sulla sicurezza. La scienza deve consigliare ma la politica deve contemperare le esigenze importantissime di salvaguardia della salute con quelle di tenuta del sistema economico e sociale del Paese».
LA POLEMICA
Gli imprenditori polemizzano con le istituzioni che dimenticano «che una madre e un padre possono lavorare solo se lo Stato li mette nelle condizioni di avere assistenza per i propri figli. Il sistema scolastico è un pilastro fondamentale per la crescita e l’educazione di bambini e ragazzi ed è un tassello fondamentale anche per la ripartenza del sistema produttivo. Non possiamo chiedere ai genitori di lavorare, pagare le tasse per la scuola pubblica e la baby sitter per la sorveglianza privata e fare anche da educatori e insegnanti. Bisogna agire su fasce d’età, orari, turnazioni, sanificazione, spazi e forme didattiche ibride; abbinando per le fasce scoperte forme complementari di welfare e innovazione sociale». L’Italia vuole ripartire, in sicurezza, «imparando a convivere con il virus», un po’ come sta facendo la Germania che non ha mai chiuso l’industria e che da lunedì riaprirà le scuole. «Ogni mese paghiamo 13 miliardi di euro di cassa integrazione, risorse sottratte anche al sistema sanitario e scolastico in un vortice di immobilismo economico che toglie la dignità del lavoro ai nostri collaboratori. La ripartenza è un bene comune, l’Italia non è più un’unica zona rossa. Dobbiamo dare alle regioni la facoltà di differenziare il proprio territorio, limitando ciò che eventualmente va ancora controllato ma aprendo tutto il resto» Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino